Pensieri e pensatori in libertà


Fake truth e fake news: come uscirne?

La vicenda delle fake news è una delle più significative degli ultimi anni. Dopo mezzo secolo di educazione allo scetticismo sistematico ("Ragazzi, mettete sempre in dubbio tutto"), di disprezzo di ogni relazione tra realtà e verità ("Non ci sono verità perché tutto è interpretabile"; "La realtà è sempre una possibilità modificabile"), di uso spregiudicato di tutti i mezzi di comunicazione, si scopre nel 2016 che...

...è pericoloso raccontare balle, soprattutto in modo sistematico, che qualche verità deve pur esserci e che da qualche parte essa si riferisce pure a qualche realtà.

Perché nel 2016? Perché tra Brexit e Trump, che seguono M5S in Italia, Manif pour tous in Francia, Podemos in Spagna e persino Isis in giro per il globo, ci si rende conto che ormai sono tutti in grado di inventare una comunicazione falsa a loro uso e consumo. Non si faceva anche prima? Ma certo, si era sempre fatto; ma un conto è che la facciano solo gli autorizzati, un conto è che possano farlo tutti.
Incomincia la grande retromarcia: la verità è una sola, la realtà solo quella descritta dall’unica interpretazione possibile. Bisogna controllare tutto ciò che viene detto: gruppi di fact checking per ogni argomento, task force per ogni verità, war room per controllare che durante le elezioni nessuno si azzardi a dire cose false (!). Il New York Times, campione della cultura scettica per tanti anni, nel 2017 organizza una campagna pubblicitaria che si intitola "The truth is hard", la verità è dura (ohibò, come un manganello?). CNN ci consola dalla quarantena mondiale del 2020 con la pubblicità "i fatti correggono" (gli altri, s’intende). Insomma, siamo passati dalla padella dello scetticismo sistematico alla brace della verità unica e spesso altrettanto "fake", come si vede dal fallimentare scientismo che ha accompagnato in modo sempre assoluto le giravolte delle autorità competenti su Covid-19.

Come uscire da questa tenaglia? Dalle fake news e dalle fake truth (copyright Riccardo Ruggeri) non se ne esce né con più controllo - che per fortuna non riesce e che se riuscisse ci porterebbe in panorami da incubo - né con più studi di pensiero critico, basati sempre sull’idea che non ci si possa fidare di niente e di nessuno tornando allo scetticismo con toni ancora più saccenti. Se ne esce con più società, più gruppi di persone mossi da stima e affetto reciproco in cui si può più facilmente accettare le critiche altrui. Sono gruppi piccoli di cosiddetti corpi intermedi - come Zafferano - dove si può parlare avendo come unica convinzione che la ragione e il torto, la verità e la falsità, non dipendono dal colore politico ma dal rapporto con la realtà e dalla ricchezza dell'umanità che la legge. Sono gruppi di vera critica.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista