IL Cameo


In marcia verso il divano del reddito di cittadinanza

In marcia verso il divano del reddito di cittadinanza

Premetto che l’aspetto politico della Fase 2 non mi interessa. Privilegio l’aspetto manageriale. Quali business "riaprire" e come risolvere l’aspetto del "distanziamento" sono la ciccia di questa operazione. Il Premier la sta gestendo aggrappandosi a un club di virologi vanesi come lui.

Nel primo caso (quali business riaprire) le valutazioni di "apertura" devono essere commisurate al numero delle vittime (presunte) che esse comporteranno. Se volete rischio quasi zero riaprite quando il vaccino (se ci sarà) sarà distribuito a 5 miliardi di persone. 

I Paesi del Nord, come Olanda e Svezia, seguono criteri diversi dal nostri. L’Olanda ha tardato, scientemente, il più possibile la chiusura di locali pubblici, bar, ristoranti. Dietro c’era un preciso calcolo politico. Lo stesso ha fatto la Svezia, ove addirittura le misure di isolamento non ci sono neppure state, puntando direttamente all’immunità di gregge. Alla fine di un processo umanamente più o meno sofferto, nella cultura luterana calvinista il dilemma salute-cibo ha sempre trovato una soluzione univoca.

In questa fase, i "numeri" hanno purtroppo scarsa affidabilità, troppe le variabili in gioco e le modalità di lettura. I conti si potranno fare solo alla fine, quando si confronteranno i dati della mortalità con lo stesso periodo dell’anno precedente, senza scomodare gli algoritmi. Nel frattempo cardiologi e oncologi dicono che aumenteranno i morti di queste patologie da addebitare al virus, sia perché molti pazienti terrorizzati rifiutano le cure in ospedale, sia perché gli ospedali privilegiano i reparti COVID-19. Un dramma, silenziato dai media. 

Nel secondo caso, il distanziamento mi pare non facilmente praticabile per alcune attività. Da oltre un secolo l’industrializzazione ha marciato a braccetto con la mobilità dei lavoratori, e la mobilità è stata (è) solo di massa. Sembrerebbe non praticabile l’obiettivo con i mezzi pubblici attuali, a meno di abbattere il livelli di servizio, raddoppiando tempi e costi. 

In tv ho visto un ristoratore che, seguendo i virologi, aveva rifatto il layout. Per mantenere la distanza di un paio metri fra i commensali aveva dovuto rinunciare a oltre il 70% dei coperti, auto distruggendo il suo conto economico. Peggio, certi clienti potrebbero chiedere ai camerieri il "patentino di immunità". Ha ragione Carlo Cracco, "ci vorranno almeno due anni per ripartire bene". Ma per lui il problema non si pone, i suoi clienti sono i vincitori della guerra al Virus, quindi torneranno in massa al cibo sifonato. A loro che il prezzo, per coprire i maggiori costi, passi da 300 a 500 € a cranio, poco importa. Invece, alla riapertura i clienti del ristoratore avranno cambiato status: da classe media a cassaintegrati, disoccupati cronici, ovvero a casa sul divano del reddito di cittadinanza. 

Detto fra noi, per raccontare questa storytelling, le quattro paginette di Colao bastano e avanzano. È curioso osservare la serenità del Premier, dei membri del governo, dei sacerdoti del CEO capitalism verso quello che per gran parte dei cittadini sarà (è) un dramma umano sconvolgente. Costoro sono tutti, in qualche modo, dipendenti dello Stato, per loro le mitiche regole di mercato non valgono, lo stipendio a fine mese arriva comunque. Cassa integrazione, licenziamenti collettivi o singoli sono istituti che non li riguardano, materia solo da dibattere nei talk show, assumendo, se del caso, la classica bocca a culo di gallina (pardon, duck face). 

Sono stati geniali. Per ragioni di potere, hanno prodotto e cavalcato professionalmente il terrore del “Virus” sulla massa dei cittadini, supportati da virologi-attori e da imbarazzanti media. Per mostrare la loro sensibilità hanno persino trasformato medici e infermieri della prima linea in guerrieri, esaltandoli poi, da morti, come eroi. Purtroppo hanno nascosto che quelli sono stati costretti a diventare eroi perché i loro Commissari ad acta non li avevano dotati delle difese minime (mascherine, camici, tamponi, etc.). Pardon, non ne sono dotati neppure ora.

Poi si sono dedicati ai loro nemici mortali: i lavoratori autonomi. Questi sono gli ultimi liberali nature su piazza, ergo devono essere normalizzati. Come? Dopo averli trattati per anni da "untori del nero", ora scientemente li decapiteranno. Se riaprono, sottostando al nuovo scenario, dilapidano i loro risparmi e falliscono, se non riaprono useranno i loro risparmi per sopravvivere qualche anno per raggiungere poi, sul divano del reddito di cittadinanza, gli scappati da casa, nel frattempo diventati statisti. Se sono giovani si compreranno una bicicletta e consegneranno le pizze gourmet nelle ZTL, per poi raggiungere il divano d’ordinanza, quando saranno frusti. Prosit!

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Giancarlo Saran (Castelfranco Veneto): medico dentista per scelta, giornalista per vocazione
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista