Il dramma dell’overtourism è nella mente

Il turismo non c’è sempre stato né sempre è stato considerato necessario. Un po’ di storia può aiutare. Se si eccettuano i pellegrinaggi medievali, l’antesignano del turismo in epoca moderna è il grand tour del millesettecento che si concentrava sull’Italia per le sue arti antiche e rinascimentali ma che spesso includeva Francia, Svizzera, Germania e Grecia. Il grand tour era un viaggio di scoperta, di conoscenza nuova e, alle volte, era l’occasione in cui i posti visitati ricevevano vantaggi dai visitatori in termini di conoscenza, oltre che economici. 

Perché la Tour Eiffel

La torre Eiffel è indiscutibilmente l’icona e il simbolo di Parigi. Non si può andare a Parigi senza vederla e, costi quel che costi, salirci. O almeno vederla mentre toglie il fiato dal bateau mouche sulla Senna o sberluccica nella notte dalla grande scalinata del Tracadero. 

Le foto inedite di Grossman in mostra a Rimini

C’è una foto che ritrae Vasilij Grossman dopo la guerra, in una dacia di Zagorjanka, vicino a Mosca. Grossman è in piedi, all’aperto, ma è in pigiama. Legge serio serio il giornale del giorno mentre i suoi due amici, Semën Tumarkin ed Efim Kugel’, gli si accalcano addosso, leggendo a loro volta il giornale ma prendendolo sottobraccio divertiti. È il 1946, la guerra è finita da poco e Grossman deve riprendersi da un lungo esaurimento nervoso post-bellico. Intanto, sta cercando di pubblicare Il Libro nero.

Forse è anche l’epoca delle definizioni (e dei maestri)”

Nella presentazione della mostra che si terrà al Meeting di Rimini sul millesettecentesimo anniversario del Concilio di Nicea il curatore, il teologo Giulio Maspero, ha proposto un’osservazione interessante per tutti nella nostra epoca così segnata dalla frammentarietà e dalla perenne emotività. Riguardo a quest’ultima, è curioso che di fronte a qualsiasi avvenimento, dalla guerra mediorientale alla vittoria londinese di Sinner, la domanda da fare ai protagonisti, qualunque mestiere facciano, persino i carabinieri, è: “quale emozione ha provato?”.

Agostino, per davvero

Con il nuovo Papa che ha dichiarato di esserne “figlio” alla prima uscita sul balcone di San Pietro, e che spesso lo cita nei discorsi ufficiali, Sant’Agostino o Agostino di Ippona è tornato di moda. In effetti, Agostino è una di quelle poche figure universali, uno di quei dieci, venti pensatori imprescindibili nella storia dell’umanità, uno dei personaggi cruciali – se non il più cruciale – per la formazione dell’Occidente. E, pur tralasciando il Papa, la crisi dell’Occidente che si perpetua ormai da molti decenni non può fare a meno di confrontarsi di nuovo con il grande pensatore africano (sì, Tagaste dov’è nato e Ippona dov’è stato vescovo ed è morto si trovano in Algeria).

Cambiare i programmi didattici all’epoca dell’AI

Alla fine dell’ennesimo incontro su Artificial Intelligence, stavolta nel contesto di un bel Happening universitario cagliaritano, uno studente magistrale di informatica, un po’ stupefatto dalle implicazioni e dalle prospettive filosofiche necessarie per capire e operare in quanto sta avvenendo, mi dice: “Ma noi informatici non abbiamo neanche un corso di filosofia o di etica o di estetica nelle nostre carriere da informatici. Così, ubbidiamo a ciò che ci dicono, e basta”.

Movimentismo

Hanno pantaloncini corti da battaglia, scarpe da ginnastica di ogni foggia, t-shirt polo camicie a seconda delle generazioni. A tutte le età si accoccolano a terra sui ciottoli caldissimi di piazza S. Pietro o su improbabili seggiolini che hanno fatto molti viaggi e ascoltano per ore, accalcati, testimonianze e canti. Si lamentano poco delle condizioni di evidente disagio, anzi rimangono paradossalmente sorridenti, fino a esplodere di entusiasmo quando passa il nuovo Papa in interminabili giri di auto, e ridono di gusto alle facce spaventate dei piccoli bambini che compaiono sui megaschermi della piazza mentre vengono catapultati in ogni modo sulla papamobile per improbabili benedizioni volanti.

La filosofia del basket sta cambiando?

Se siete stufi del calcio dove si passa la palla indietro per la costruzione dal basso e non si segna mai, passate al basket: tornare nella propria metà campo è vietato e si segna ogni 24 secondi. Così dicono gli stereotipi. Veri, peraltro, ma solo parzialmente. Anche una partita di basket può essere noiosa e segnare troppo può far perdere il gusto. 

Dopo la virtù? MacIntyre e la critica al mondo liberale

La scorsa settimana è morto Alasdair MacIntyre (1929-2025), uno degli autori più interessanti e discussi degli ultimi 50 anni di filosofia, uno dei pochi originali. Nel 1981 era salito alla ribalta perché aveva scritto il libro After Virtue (Dopo la virtù). Proponeva una critica feroce del mondo liberale visto come un insieme di frammenti di tradizioni morali e sociali diverse di cui si era ormai perso il senso. 

Papini e la cultura dell’anima

Papini aveva 26 anni nel 1907 e si sentiva un “uomo finito”. Era già stato tutto: fondatore di un gruppo politico intellettuale repubblicano, fondatore di una rivista, il Leonardo, che aveva messo a soqquadro il mondo accademico, fondatore di un movimento di pensiero – il pragmatismo - che aveva importato dagli Stati Uniti e tradotto a modo suo, con un’inclinazione esistenzialistica.