Lo è perché, a differenza del Trump di questo mandato, l’Argentina, come Paese, sembra star meglio di un anno fa. L’inflazione che faceva aumentare i prezzi del 20% al mese si è radicalmente abbassata, i tagli agli sprechi dell’assistenzialismo sono stati reali, il Paese si trova in compagnia internazionale solida dopo essere stato legato per anni con gli Stati più rischiosi come Venezuela e Iran. Solo che tutto questo è condotto con la tipica violenza verbale dei movimenti populisti di questo momento storico, con i loro circoli di potere e cultura quantomeno oscuri, e con la spietatezza della nostra epoca.
Figlio di una cultura liberista radicale, Milei ha tagliato in un sol colpo i sussidi anche a scuole, ospedali, università. Chi aveva uno stipendio fisso pubblico si trova ora con pochissima capacità di acquisto. A Buenos Aires tutto costa come a Madrid, se non come a Milano o Parigi. Il Paese sta meglio ma la gente soffre. Milei ha così perso delle elezioni locali una settimana fa e si appresta alla battaglia delle elezioni legislative di ottobre per le quali proteste e controproteste sono già in cammino.
Nel frattempo, l’Argentina deve ancora decidere che cosa fare con l’eredità di Papa Francesco, il primo Papa argentino della storia. Per ora, l’Università Cattolica di Buenos Aires gli ha dedicato il campus principale a Puerto Madero e vie, piazze, centri sportivi gli vengono intitolati. Dopo i titoli bisognerà riflettere su un lascito di religione popolare ma anche di forte politica, sull’adesione a una teologia dei poveri ma non della liberazione, sull’apertura ai cambiamenti sociali ma non al progressismo liberal statunitense. È un’eredità difficile, e anche controversa, per capire che cosa la Chiesa argentina, molto influente dato il numero e le attività dei cattolici, vorrà e potrà fare. Di sicuro dovrà lottare contro l’avanzata delle chiese protestanti, soprattutto nelle periferie di Buenos Aires, tanto ricordate non a caso da Papa Francesco.
Sarà una primavera di decisioni a Buenos Aires e, come tipico di questa epoca politica mondiale, si dovrà scegliere fra culture politiche estreme e indifendibili. Tuttavia, come nel resto del mondo occidentale, l’alternativa è rimanere neutrali a guardare, superiori ma alieni alla vita del popolo e alle responsabilità personali e sociali. È un atteggiamento che proprio il Papa argentino condannava duramente, suggerendo a tutti i cattolici di sporcarsi le mani con il fango della politica, per non lasciare il mondo all’indifferenza dei principi astratti e alla violenza delle lobby culturali e sociali. Si tratterà di scegliere, e non sarà facile.