Le piattaforme che conosciamo, vuoi per servizi sostitutivi ai taxi, per portare spesa e pizze a casa dei clienti cammino-lesi, o per trovarti l’artigiano di turno, giocano sulla disintermediazione tra cliente e fornitore, esercitando vero monopsonismo sui prestatori di manodopera. Io cliente non so chi mi arriva a prendere in macchina o con il piatto del ristorante, ma nel retro la piattaforma fa in modo di estorcere più soldi possibili sia a me sia a chi fa il lavoro, tenuto all’oscuro della domanda di servizi. Io ho pagato quello che credo sia poco alla piattaforma, ed ho la coscienza tranquilla avendo messo cinque stelline al povero Cristo. Il CEO della piattaforma si compra una barca nuova perché sa di avermi fatto pagare salato, mentre i lavoratori fan la fame. Dalle piramidi alla gig economy, un progressone.
Purtroppo, l’avvento dell’intelligenza artificiale ha messo il turbo a queste piattaforme, rendendole sempre più capaci nel prevedere la domanda ed ottimizzare l’offerta ed il prezzo in tempo reale, unicamente a proprio vantaggio. Oggi la Cina registra circa 200 milioni di lavoratori gig, gli USA 70 di cui 42 milioni fanno solo quel mestiere, in India si contano circa dieci milioni, in Italia un paio: ovunque un settore sempre più rilevante, e purtroppo povero, delle nostre economie. Se paragonate questi numeri alla popolazione lavoratrice dei singoli paesi, vedete che Cina ed USA hanno 25% della forza lavoro in gig , l’Italia l’8% e l’India il 2%. Guarda caso, laddove l’intelligenza artificiale è molto più avanzata, stan messi peggio.
Uno degli effetti nefasti della capacità previsionale e di ottimizzazione dell’ultima versione di ranocchio elettronico agentico, è che riesce a suddividere un qualsiasi mestiere nelle sue singole attività, e di conseguenza manda un lavoratore gig anche solo per svolgere una parte minima del lavoro abituale. Walmart aveva iniziato questo esperimento con cassieri e magazzinieri, arrivando a scomporre il loro turno in singole ore o mezz’ore. Immaginate di dover andare a lavorare per un paio d’ore, tornare a casa, di nuovo in cassa per un’ora, di nuovo liberi, ancora al lavoro per 45 minuti: ci mettete quindici ore per farne solo sei pagate, uscite che siete stracci e non avete guadagnato nulla. Anche i manager subiscono la stessa sorte: li chiamano fractional (suddivisi), perché non c’è modo migliore che usare una parola inglese per fregare il prossimo, ma questi professionisti ora sono costretti a seguire tre o quattro clienti, lavorando il doppio o triplo rispetto all’impiego tradizionale.
L’intelligenza artificiale consente alle piattaforme di esercitare un vero e proprio hyper-Taylorismo, controllandoli di continuo non solo al lavoro, ma anche fuori, rendendoli sempre più simili ai robot. Se pensate che questo possa avere un effetto sulla nostra salute, vi raccomando questa lettura: Taylorism on steroids or enabling autonomy? A systematic review of algorithmic management - PMC
Serve una riflessione anche sull’aspetto sociale del lavoro: ricordate com’era felice Fantozzi con i suoi colleghi, nel partecipare a mitiche gare ciclistiche o di tennis? Lasciando da parte amori ed amicizie, che si estendevano ovviamente oltre l’orario lavorativo, fino ad ora siamo stati abituati a stare mediamente bene con chi abbiamo condiviso anni di vita, i successi ed i drammi di ognuno. Come pensate che questa socialità possa continuare o evolversi, se entri al lavoro solo per i minuti o ore necessarie ad eseguire questa o quella specifica attività, ovviamente classificata a “valore aggiunto” per la soddisfazione inutile del consulente di turno, per uscire subito dopo? Vedremo il collega come un perfetto sconosciuto se non, peggio ancora, come un cane rabbioso nel recinto insieme a noi, mentre la piattaforma ci controlla dall’alto.
Io non sono favore di una pausa o rallentamento nello sviluppo della tecnologia, come al contrario si raccomanda in questo bell’articolo, perché la velocità e dinamicità dell’evoluzione tecnologica rende difficile, se non completamente inutile, un’attività legislativa. Ma questo significa portare l’economia al darwinismo più spinto, non esattamente il futuro che uno vorrebbe lasciare ai pupi visto che i pochissimi proprietari delle piattaforme sono a capo della catena alimentare.
Che fare? In passato la soluzione al problema dei croissant e baguettes è stata rivoluzionaria: è necessario ripetere il passato? Le élites, che hanno tutto l’interesse a guadagnare sempre più, consentirebbero una legislazione che vieti comportamenti disumani ed impedisca lo sfruttamento gig? Attendiamo trepidanti che politici di belle speranze s’impegnino sul fronte, ma segnali di ottimismo non se ne vedono abbastanza.