Guerra al COVID-19
Da quando è iniziata la guerra al Coronavirus siamo bombardati dall’informazione sulle misure di igiene e di comportamento per evitare di contrarre l’infezione.
Da quando è iniziata la guerra al Coronavirus siamo bombardati dall’informazione sulle misure di igiene e di comportamento per evitare di contrarre l’infezione.
Finora ci è stato insegnato che un farmaco per essere efficace dopo
essere introdotto nell’organismo con diverse modalità (iniezioni,
capsule, compresse, ecc.) deve raggiungere determinate concentrazioni
per far sì che dove ce n’è bisogno ne arrivi una quantità sufficiente;
bene, forse questo modello sta per essere superato per sempre.
Mi ha telefonato un’amica, una vecchia compagna di marachelle (allora, il massimo delle nostre birichinate era rubare qualche spicciolo dal portafoglio della mamma o tornare a casa oltre al coprifuoco imposto!).
Sono sempre stata molto curiosa, fin da bambina, affascinata da cose, persone e situazioni stravaganti. Quello che mi auguro di trovare, ogni giorno, durante le mie letture mattutine, sono notizie bizzarre.
Capita di sentirsi poco bene ma di non riuscire ad individuare con precisione l’origine del malessere.
Tutti nella vita abbiamo sentito o detto frasi come “si è ammalato per il dispiacere” o “è morto di crepacuore”, modi di dire che sembrano originare dalle credenze popolari e in quanto tali privi di ogni fondamento scientifico.
Fino al 2007 in Italia c’era un gruppo bancario da 15000 dipendenti, che utilizzava come sistema operativo Linux. I programmi per i suoi computer, venivano creati dalle persone che lavoravano nel comparto IT, partendo dalle istanze dei vari settori e delle filiali per il buon andamento di tutta l’azienda.
La medicina occidentale, l'unica che io conosca, educa il medico alla cura delle malattie. Sicuramente questo modello si è dimostrato vincente nel corso dell'ultimo secolo, prova ne è l'allungamento della vita media che dai 47 anni dell'inizio del '900 supera ora gli 80.
Sulla mensola sopra il camino c'è un oggetto in legno chiaro liscio e semplice, dall'aspetto umile che sfugge all'attenzione. È il fonendoscopio che mio padre, medico, mi ha lasciato quando ha sospeso la sua attività professionale pochi mesi prima di morire. Questo oggetto non mi appartiene, ce l'ho in affidamento e quando sarà ora lo consegnerò a mia figlia Eugenia, attualmente studentessa in medicina.
Credo di aver iniziato in tenera età ad incuriosirmi dell’arte culinaria. Iniziai aiutando mia mamma quando preparava la salsa, mi ricordo che metteva non uno spicchio, ma un’intera testa d’aglio!