Cacciatori di aquiloni


Medici in famiglia: dal fonendoscopio di legno all’Intelligenza Artificiale

Sulla mensola sopra il camino c'è un oggetto in legno chiaro liscio e semplice, dall'aspetto umile che sfugge all'attenzione. È il fonendoscopio che mio padre, medico, mi ha lasciato quando ha sospeso la sua attività professionale pochi mesi prima di morire. Questo oggetto non mi appartiene, ce l'ho in affidamento e quando sarà ora lo consegnerò a mia figlia Eugenia, attualmente studentessa in medicina.

Guardandolo ci interroghiamo su che tipo di medicina praticherà lei e soprattutto sull'impatto che avrà AI nel campo della sanità. L'impiego di CDS (clinical decision support) basato su algoritmi è già realtà, e così è per quanto riguarda l'analisi di immagini digitali in radiologia.

Uno sbarco più massiccio dell'AI nella pratica medica potrebbe avere implicazioni importanti in moltissime direzioni: dalla formazione del medico, ai rapporti con le assicurazioni, alla qualità dei dati su cui funzioneranno gli algoritmi, al ruolo decisionale del paziente.

Ma che cos’è, in parole semplici, l’AI e perché negli ultimi anni il mondo della sanità sta credendo così tanto nel suo potenziale? Le intelligenze artificiali non sono altro che software che si basano su un processo definito “machine learning”: si nutrono di dati inseriti da un operatore, li analizzano e traggono conclusioni, con l’obiettivo di imparare a individuare autonomamente, con l’esperienza (dati forniti), elementi che l’occhio umano non è in grado di notare. L’equazione diventa semplice, più dati inseriamo, più l’algoritmo impara a individuare dei pattern precisi, relativi a una patologia.  A supporto di tale apprendimento informatico vi è una quantità sempre crescente di dati digitalizzati disponibili, a partire all’uso della cartella elettronica negli ospedali, fino ad arrivare alla sensoristica indossabile (i cosiddetti “wearables”, piccoli strumenti in grado di calcolare e registrare quotidianamente determinati parametri). Ciò permette uno scambio di informazioni cliniche in tempo reale, non solo tra il singolo paziente e il medico curante, ma anche tra diversi medici all’interno della stessa struttura o tra ospedali in diversi paesi.

Per descrivere meglio il processo esaminiamo dei casi: negli ultimi anni è stato ampiamente dimostrato quanto lo screening per immagini (mammografia o colonscopia, per citarne due) si sia rivelato utile per individuare certe patologie nelle loro fasi iniziali, risultando così in una cura anticipata, una prognosi migliore e un costo minore per terapia e follow-up. Tuttavia, per quanto lo screening abbia contribuito all’anticipazione di una diagnosi, in certi casi la malattia viene ancora scoperta in stadi troppo avanzati, perché le sue evidenze risultano impercettibili fino a tali stadi. Un supporto tecnologico, però, può rilevare dei pattern invisibili all’occhio umano.

L’osteoartrite, per esempio, è una malattia che non può essere diagnostica fino a che il danno non è definitivo, ovvero quando la cartilagine articolare è interamente consumata e le due ossa che compongono un’articolazione creano un doloroso attrito sfregando l’una contro l’altra.  Ad oggi la diagnosi viene fatta tramite un’immagine radiografica, che dimostra come il danno osseo sia già presente. Ma le ultime evidenze hanno dimostrato che la malattia parte da un danno cartilagineo, che può essere rivelato tramite un supporto computerizzato, in una fase precoce rispetto all’evidenza data dalla radiografia, analizzata soltanto dall’occhio umano.

Sfruttando il “machine learning” è possibile fornire le immagini al sistema e suggerirgli quali soggetti hanno sviluppato la malattia nei tre anni successivi. Il software sarà in grado di individuare un pattern che caratterizza i pazienti che saranno affetti da osteoartrite, differenziandoli dai soggetti sani. Come fa il computer a distinguere i due pattern? Grazie alla sua capacità di analizzare le relazioni tra pixel, evidenzia la diffusione dell’acqua attraverso il tessuto e il suo accumulo nelle porzioni degenerate di cartilagine. In questo modo è possibile predire il rischio di sviluppo del danno articolare con tre anni di anticipo e con un’accuratezza dell’86 per cento.

Insomma lo scenario sarà molto diverso. Le motivazione a supporto dell'AI sono solide e condivisibili:

  1. I dati relativi al monitoraggio di ogni paziente stanno crescendo in maniera vertiginosa, inoltre, a quelli clinici si stanno aggiungendo quelli sul lifestyle (movimento quotidiano, sonno, frequenza cardiaca, respirazione, peso, etc.), senza algoritmi che li mettano in correlazione rischiamo di non considerarli affatto o di spendere una quantità improponibile di tempo a cercare di capirne il significato;
  2. È pratica comune in medicina seguire una coorte di pazienti in base a controlli basati su parametri temporali; se i parametri dei pazienti venissero elaborati da un algoritmo di AI ci si potrebbe concentrare su quelli che necessitano effettivamente di essere riesaminati con una riduzione effettiva dei costi,
  3. La diseguaglianza geografica dell'accessibilità a strutture sanità adeguate è reale. Curare una patologia complessa in regioni del mondo poco servite potrebbe essere reso molto più facile con l'accessibilità a sistemi di supporto alle decisioni cliniche.

Detto questo, si può ipotizzare che il ruolo del medico non sarà sostituito dagli algoritmi ma sarà supportato da essi e che il valore professionale sarà modificato: da analizzatori e collettori di dati a interpretatori e counselor del paziente. Gli indicatori per intravedere un futuro interessante per il medico e per il paziente ci sono tutti.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

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Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Eugenia e Massimo Massarini (Torino): studentessa di medicina e medico
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista