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La mancanza di recensioni negative, specchio della nostra cultura

Il migliore articolo dell’estate è del Post e riguarda la banale vicenda delle recensioni culturali. Il titolo è già il tema: “È tutto bello o bellissimo”. Di fatto, nota l’articolo, le recensioni negative in ambito culturale non esistono quasi più. Per quanto riguarda la musica, per esempio, nel 2018 il sito Metacritic presentava solo il 16% di recensioni che stimassero i prodotti meno di 70/100. 

Il sito specializzato Pitchfork non assegna lo 0 a un disco dall’anno 2007. Se sentite le recensioni in radio e TV, anche di Stato, non ci sono film scadenti, non c’è un disco banalmente brutto, un concerto mal riuscito, un libro che si sconsiglia di comprare. Di fatto, l’unica recensione negativa possibile è non recensire un prodotto, non menzionarlo affatto, ma ciò ovviamente non si applica ai grandi nomi, che non si può non recensire per non perdere la loro base di pubblico. L’articolo del Post si occupa principalmente di musica ma estende il concetto alla cultura e fornisce alcune ragioni: l’estrema specializzazione per cui si vive in micromondi dove gli esperti si conoscono, l’industria della cultura che ingloba anche il giornalismo, la forte polarizzazione sui social per cui pochi vogliono poi sottomettersi agli insulti delle fandom. Alla fine, da buon articolo del Post, rovescia poi il discorso, dicendo che sui social invece le critiche sono anche troppo forti e conclude che quindi ciò che manca davvero è l’equilibrio culturale: più cultura e più liberalismo progressista.

La conclusione è debole ma il tema delle recensioni ufficiali, apparentemente laterale, mostra invece il cuore del problema occidentale. Non ci sono recensioni negative sui mezzi di comunicazione ufficiali perché il produttore, l’autore, il critico, l’editore, e persino il lettore o l’ascoltatore, si conoscono tutti o direttamente o indirettamente: sono un club o un circolo o una lobby. Vedono la stessa realtà, la leggono secondo i medesimi canoni, esprimono i medesimi giudizi. In modo più ampio è quello che, secondo Riccardo Ruggeri (Uomini o consumatori?) è accaduto al capitalismo: quando il politico, il giornalista, il banchiere e il giudice appartengono alla medesima cerchia, il libero mercato è finito.

Perché avviene tutto questo? Certo, è sempre successo in qualche misura e, notoriamente, in qualche modo, parziale e passionale, il Pasolini degli anni ’70 lo aveva anticipato, dando la colpa alla televisione. Pasolini la chiamava omologazione. Solo che, com’era nelle analisi marxisteggianti dell’epoca, attribuiva tutto questo al Potere, con la P maiuscola, misteriosamente celato da qualche parte. Temo invece che il potere si scriva con la minuscola e, come avrebbe detto Vasilij Grossman, giaccia solo nel cuore di ogni essere umano che trova inevitabilmente scomodo il confronto su ciò che è più o meno vero, giusto, bello – per usare i termini delle tre scienze normative: logica, etica, estetica – e che preferisce dunque un’ideologia uniformante, anche se l’uniformità è solo quella della tribù, del circolo, della lobby. Perché si sa, la verità è scomoda innanzi tutto per se stessi e, come faceva vedere la bella serie (bella davvero!) su Chernobyl, basta che ciascuno la alteri anche solo un pochino, uno spostamento impercettibile, giusto per stare più comodi, perché alla fine il disastro sia immane. Non c’è nessuna ricetta, nessuna controcultura, se non il coraggio della verità. Ma il coraggio, come diceva Manzoni, “uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”. Ed è qui che sta il problema vero.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
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Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.