IL Digitale


Il guaio SB53

Fino ad oggi le multinazionali americane del digitale, coi CEO con la felpa abbronzati dal sole californiano, erano riuscite a bloccare qualsiasi tentativo di legislazione dell’intelligenza artificiale a Washington. Due le considerazioni in gioco: quella logica e pacifica per cui e’ inutile regolare in modo bizantino una tecnologia che si evolve rapidamente, e quella barbina ed egoista dei padroni che vogliono assicurarsi di sfruttare ogni bit che gli passa sotto le grinfie rapaci.

Meta, che da un lato ha fatto bene ad aprire parzialmente il proprio codice Llama, ha deciso di non vendere in Europa dove oltre 500 pagine di legge comunitaria impongono una serie di vincoli difficili da rispettare nella progettazione del ranocchio elettronico. Per Zuckerberg s’é trattato di decidere, tra rallentare la propria fabbrica del software e perdere la corsa contro Google, OpenAI, X e Microsoft, o rinunciare ad una vagonata di euro. Per uno che assume esperti di AI a $100 milioni a testa, butta miliardi in chip e datacenter come se piovesse, ed indossa un orologio da $765.000, la risposta è stata ovvia: faccio a meno dei ricavi di Bruxelles.

Il guaio è che ora la California, che ha 40 milioni di abitanti, la quinta economia al mondo ed è la casa della maggior parte di queste aziende, ha promulgato SB53, la nuova legge statale che impone principi di gestione del rischio molto simili a quelli europei. Esattamente come quando promosse la legge sull’inquinamento automobilistico, la California riesce ad imporre la strada alle industrie. Vi immagine una Ford che produce una macchina che inquina per 49 stati ed un’altra pulita solo per la California? Oppure una Google che ti fa un LLM assatanato per 49 stati ed uno onesto e sincero per la California? Io no.

Apriti cielo: partendo da Musk ed Ellison, i due uomini più ricchi al mondo ed amici del Presidente, passando per tutti gli altri CEO digitali, hanno iniziato a sparare a palle incatenate. E perdiamo la gara con la Cina, e gli asini cominciano a volare, in una litania di scuse accampate ad arte per distrarre l’attenzione dal punto cruciale: non è lo strumento il rischio, ma chi lo controlla. Non è il ranocchio elettronico che è etico o malandrino, ma il suo padrone. Se vi volete fare un’idea del grado di rischio che la comunità tecnologica associa a questi padroni del fumo digitale, questo link a colori è chiarissimo.

Meta ha cominciato a tirare le briglie dei suoi scienziati, partendo da Yann LeCun, pioniere dell’IA e determinante nel far prendere la strada open a Zuckerberg. Ora che il capo gli ha messo sopra un capoccione pagato $200 milioni dopo averne acquisito l’azienda per $14 miliardi, il vento gira rapidamente verso la segretezza e finisce l’apertura a condividere le proprie ricerche. Adesso che il gioco si fa duro, e la concorrenza per assoldare gli esperti migliori si combatte a centinaia di milioni di dollari a persona, l’apertura del codice e la condivisione delle ricerche viene messa in cantina.

La buona notizia è che SB53 si legge e capisce al volo: riprende gli stessi principi di prudenza, ma senza tutte le complicanze dei cavilli europei, richiedendo solo puro buon senso (California Senate Bill 53). Questa differenza tra le due norme origina dal fatto che alla stesura californiana hanno partecipato più esperti del campo che burocrati. Dallo stato che continua a dominare il campo dell’IA, con 32 delle 50 principali aziende mondiali del settore, il 16% della forza lavoro del paese ed oltre il 50% degli investimenti mondiali in intelligenza artificiale, dove aziende come Google, Apple ed Nvidia dominano, ora speriamo che questi principi si traducano in una migliore concorrenza di mercato, che veda la presenza di tanti attori, anche piccole, e non solo i soliti nomi del cartello felpato.

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Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.