IL Digitale


Intelligenza Artificiale e mondo del lavoro: cosa succede?

Internet nacque per facilitare l’accesso alle informazioni, ha finito per creare tante piattaforme monopsonistiche che rendono ricchissimi i pochi padroni, poveri i tanti fornitori di manodopera, e controllati tutti i clienti.

Ora che s’inizia ad usare l’intelligenza artificiale, cominciamo ad avere evidenza dell’impatto del ranocchio elettronico sul mondo del lavoro: vi raccomando la lettura di questo articolo AI and Labor Markets.

Il giudizio iniziale è negativo, perché a patire le conseguenze di minor occupazione e quindi salari indecenti sono i più giovani, quelli nella fascia 22-25, che faticano a trovare lavoro proprio quando dovrebbero diventare indipendenti. Prendiamo i laureati in ingegneria informatica: negli USA in due anni siamo passati dal 2% al 7% di disoccupazione, ovvero da non averne abbastanza per riempire le posizioni aperte, ad aver decine di migliaia di ragazzi che continuano coi lavoretti malpagati che già facevano durante gli studi.

Se gli economisti vedono con favore l’estensione dell’età lavorativa, cui l’intelligenza artificiale contribuisce automatizzando una serie di attività ripetitive e monotone, la persona di buon senso non capisce come l’aumento della disoccupazione tra i giovani possa portare a risultati positivi.

Per fortuna, mentre i padroni del ranocchio come Altman, Nadella e Zuckerberg continuano ad intortarci con i fantastici risultati che l’IA ci darà domani (sempre al futuro, mai al presente), dalla sconfitta del cancro, alla coscienza digitale, a chissà quale altro richiamo per le allodole, il mondo del lavoro comincia a rendersi conto che la qualità del prodotto digitale è penosa. Oltre alle allucinazioni e problemi di prompting che già causano bufale e scemenze, il continuo lancio di prodotti IA non fa che peggiorare la situazione, a causa di utenti sempre meno capaci ad usare questo o quello strumento. Si parla di slop/sciatto per parlare dell’output IA odierno.

Per quelle persone che invece investono tempo ed attenzione nel giocare, imparare e sperimentare, e che arrivano quindi ad usare correttamente il robot, c’è un beneficio importante: la possibilità di creare nuovi prodotti digitali, o nuove tecnologie, con un tozzo di pane. Dal punto di vista imprenditoriale questo si traduce nella possibilità di creare prototipi o prodotti finiti, venderli per davvero, e solo dopo aver bisogno di finanziamenti per scalare le dimensioni dell’azienda. Anche per Angel Investor e Venture Capital, ossia per chi mette capitale di rischio nelle aziende neonate, questo è un beneficio notevole, perché si può testare l’effettiva probabilità di successo commerciale prima ancora di investire.

Se l’intelligenza artificiale abbassa la soglia d’ingresso per fare impresa e diventare imprenditori, per i dipendenti si pongono invece dei dubbi importanti. Se fai un qualsiasi mestiere, ed il ranocchio elettronico aziendale automatizza il 5 o 10% delle tue attività, cosa succede al tuo stipendio? Inoltre, sei responsabile di tutto quanto fai, ma quello strumento non è tuo, e non è completamente sotto il tuo controllo: è colpa tua se il ranocchio sbaglia? Puoi rifiutare di usare l’intelligenza artificiale al lavoro, se questa contribuisce a diminuirti la paga o impone responsabilità che prima non avevi?

Infine, se è vero che l’IA facilita quelle attività che svolgiamo abitualmente nel nostro lavoro, allo stesso tempo ci sta sul collo tutto il tempo: come si interpreta la legge sul controllo a distanza dei lavoratori di fronte a questa evoluzione? Tante domande per giuslavoristi, sindacalisti e chiunque abbia sale in zucca per evitare di tornare ad esser schiavo, nel frattempo giocateci.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.