Le carte da gioco lo affascinavano e una partita a poker con gli amici era per lui piacevole abitudine, considerata forma di relax e stimolo intellettuale. Proprio da questo interesse personale nacque “Jeu de cartes”, uno dei suoi balletti più originali (1936).
Il compositore immagina un mazzo animato in cui le carte prendono vita come personaggi danzanti con il Jolly protagonista assoluto: una figura camaleontica, sleale, che cambia valore a seconda della situazione.
La struttura del balletto è costruita su una partita di poker, suddivisa non in movimenti separati bensì in tre “mani” consecutive, a evidenziare la terminologia del poker. L’opera è arricchita da cambi di ritmo e scherzi tematici; anche citazioni o meglio falsi riferimenti musicali, frammenti che sembrano Tchaikovsky, J. Strauss, Rossini ma che sono deformati, mascherati, giocati con ironia. Un vero e proprio bluff musicale (un assaggio lo trovate qui).
Stravinsky impiega una strumentazione brillante che si sposa benissimo con motivi contrappuntistici complessi e il risultato è una raffinata e spiritosa allegoria musicale.
L’inizio di ogni “mano” è segnata dallo stesso tema, “Alla breve”, che introduce piccoli colpi di scena a significare che, come nel poker, anche in questa musica di Stravinsky nulla è mai come sembra.
