Pensieri e pensatori in libertà


Il gabbiano, il comignolo e altre facezie da conclave

Per chi si occupa di logica e di comunicazione intese come “gesto”, cioè come azione con un inizio e una fine che portano un significato, è difficile non notare i particolari comunicativi degli eventi delle ultime settimane. Evito quelli veri e importanti: colori e canti (icone), sigilli e candele (indici), giuramenti latini e discussioni multilingue (simboli), il cui aggregato (gesto) ha tenuto incollati gli occhi di molti, a prescindere da credenze e convinzioni. Voglio invece fare un elenco dei fatti comunicativamente curiosi della narrazione.

Vado in ordine cronologico.

1. La prima elezione papale dell’era AI è stata seguita con attenzione morbosa dalla narrazione comunicativa. Nella rincorsa al potere di social e algoritmi, i media tradizionali (TV, carta, radio, digital) hanno esagerato in particolari inutili, dal frigo bar alla taglia dei vestiti. Si parla di cardinali come di virologi durante il Covid. Speriamo che l’effetto overflow abbia stancato i più, ma ne dubito, il morboso vince sempre. Armiamoci di ironia, l’unica difesa possibile.

2. Se si vuole schermare del tutto una comunicazione, si può. Incredibile ma vero, la Sistina conferma che un segreto si può tenere.

3. Nel mondo iper connesso, tutti a guardare un comignolo. Situazione molto interessante quella delle fumate. In un universo di immagini (icone) e di parole (simboli) inattesa rivalutazione dei tipi di segni più poveri, gli indici. Sono i segni dei cartelli stradali e dei dialoghi più elementari (“dov’è la stazione? Di là”, detto solo con dito e braccio). Non c’è narrazione negli indici, solo fatti.

4. I gabbiani di Roma, non essendoci nulla da dire e da vedere, si prendono la scena. Idea geniale delle redazioni: perché non fare la narrazione dei gabbiani?

5. Il Papa appare e dice con le parole (simboli) di una grande continuità ma con i vestiti (icone) e con il nome (indice) smentisce. La narrazione non lo vuole notare ma prepariamoci a sorprese.

6. La gente di Roma accorre festosa al suono delle campane (indici). Non s’era mai vista tanta gente, i cattolici del resto aumentano nel mondo, ma nulla convincerà un vaticanista conservatore sicuro che la Chiesa è prossima alla fine.

7. A proposito di vaticanisti: la Chiesa era profondamente divisa, dicevano. Eppure ha eletto il capo assoluto di un miliardo e mezzo di persone in meno di 24 ore. Un attimo di sconcerto. Ma in qualche ora si torna alla narrazione: tranquilli, ci sono i vincenti e i perdenti. Unità ed efficienza non fanno audience.

8. Leone XIV parla correntemente un certo numero di lingue, ha studiato filosofia, teologia, matematica, diritto canonico. È sembrato molto sicuro e poco emozionato, ma la narrazione ci ha detto che, nella sua semplicità, lo era moltissimo. Emozione, del resto, è la parola ripetuta allo sfinimento dalla narrazione di quattro settimane. Proprio il Papa la doveva smentire? Ma come si permette?

9. La narrazione, peraltro, non ha ancora deciso se è abbastanza progressista. Ma non vi preoccupate: se dovrà esserlo, lo sarà. Almeno nei racconti e fino alla prossima morte di Papa.

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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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