Si tratta di un insieme di testi poetici scritti tra il XII e XIII secolo dai clerici vagantes, cioè studenti (chiamati chierici perché erano soliti prendere gli ordini minori) che girovagavano in Europa per seguire le lezioni presso varie università.
Orff ne selezionò 24; “In taberna” è la seconda delle tre sezioni dell’opera che il compositore presentò nel 1937 a Francoforte. È dedicata al mondo della taverna, luogo simbolico di eccesso e libertà. La partitura segue passo passo il testo, frutto dell’inventiva di quei chierici vaganti del Medioevo, autori anonimi, probabilmente giovani colti e spregiudicati insieme.
Musicalmente è un brano energico con struttura strofica, preceduto da breve introduzione orchestrale e con esplosione corale a piena voce nel finale. Il ritmo voluto da Orff è sempre veloce, incalzante, ossessivo; la composizione si distingue infatti per la sua energia e l’impiego da protagonista del coro maschile. La scrittura è volutamente ripetitiva; l’orchestrazione è essenziale ma efficace: le percussioni dominano la scena rinforzate dagli ottoni che evidenziano sia la forza primitiva della musica che il tono goliardico (uno dei tratti distintivi dei testi dei clerici vagantes).
Il canto è diretto, anche gridato - da taverna, dove si mangia e soprattutto si beve - e la musica evoca la frenesia e la ritualità del bere collettivo.
Di grande successo, “In taberna quando sumus” ha conosciuto più versioni, compresi arrangiamenti rock e metal; molto eseguito anche singolarmente, ha nell’elenco di chi beve - “ bevono tutti senza regole/beve quello beve quella/beve il soldato beve il prete…” - la sezione più celebre: qui potete ascoltarlo e leggerne il divertente testo.