IL Digitale


L’elettroshock in commercio

Leggete “elettroshock” e la mente vola rapida a Frankenstein Junior e racconti di spaventosi trattamenti, in cui si dà la scossa alla zucca del paziente per lenire sintomi neurologici o psichiatrici. È una terapia di origine italiana, sviluppata negli anni Trenta del secolo scorso da due neurologi, Bini e Cerletti, di cui raccomando la lettura per apprezzare la loro creatività. 

A tutti gli effetti l’uso dell’elettricità in medicina viene dagli antichi greci e romani, che usavano le torpedini come analgesico per dolori osteo-muscolari e rimedio per la gotta, ma al cervello ci siamo arrivati solo dopo.

L’immagine di Frankenstein con due piastre piazzate sulle tempie (terapia elettroconvulsivante bilaterale TEC), per fortuna si è evoluta molto negli ultimi anni, e grazie al progresso delle neuroscienze e del controllo intelligente dei segnali elettrici, oggi siamo arrivati anche ad oggetti di consumo per rilassarsi in autonomia o per mitigare alcuni sintomi clinici.

Come ripetuto più volte in questa rubrica, il nostro cervello funziona sulla base di miliardi di segnali elettrici e chimici, ed è quindi logico che se riusciamo a misurare almeno i segnali elettrici, e di conseguenza modularli a piacere, siamo poi in grado di intervenire sul qualche meccanismo del cervello.

Mentre in ambito clinico gli specialisti somministrano correnti importanti a fini di terapie mirate sapendo cosa fanno, sul mercato oggi appaiono prodotti per trattamenti fai-da-te. Si va da auricolari innovativi che oltre ad agire sul suono possono modulare il nostro nervo vago (approfondimento qui) a calotte elettroniche da mettere in testa per fare una stimolazione magnetica transcranica. Potete anche comprare delle maschere per gli occhi, che oltre a illuminarvi di immenso, usano il canale visivo per passarvi altri stimoli elettrici fino nel profondo del cervello. Altro approfondimento ben scritto, qui.

Esistono studi scientifici che dimostrano come alcuni miglioramenti siano veri e statisticamente rilevanti; quindi, rispetto a apparecchi simili che provavamo negli anni 70 ed 80 (ed erano bufale), l’evoluzione tecnologica ha portato dei risultati concreti. Da ingegnere con alcune competenze di neuroscienze e nulla più, aspetterei a chiedere questi nuovi aggeggi a Babbo Natale. Lasciate che sia qualche amico o parente antipatico a provarli, per mesi o anni, prima di essere voi a farne uso in pianta stabile. Discorso diverso ovviamente se avete una patologia per cui siete seguiti da un medico o terapista professionista, ma nell’ambito dell’elettronica di consumo ed uso fai da te, aspetterei ancora un pochino prima di piazzarmi oggetti vari su orecchi, occhi e cranio. La conoscenza del nostro cervello e’ ancora approssimativa per escludere con certezza effetti indesiderati dopo qualche tempo.

Moltissimi articoli in ambito neuroscienze danno invece maggior certezza sui benefici dell’attività fisica all’aria aperta, e specialmente sull’assenza di controindicazioni. In questo istante la comprensione del complesso sistema elettro-chimico che abbiamo nella testa è ancora minima per escludere complicazioni impreviste dopo mesi o anni d’uso di questi strumenti, come pure degli smartphone che usiamo giornalmente.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro