Aspetti che non trascurava neanche quando era fuori Italia assorbito dai suoi importanti impegni musicali.
I genitori del compositore provenivano da famiglie piacentine che si erano spostate nel Ducato di Parma; Sant’Agata, luogo d’elezione del musicista in un certo senso lo ha riportato “a casa”, come evidenziato nel libro raccontato al Salone torinese, “Verdi non è di Parma” di Marco Corradi. Il volume esamina il forte legame di Verdi con il territorio che circonda Piacenza e mette in risalto che il Maestro in villa componeva meravigliosa musica ma anche si occupava di agricoltura, dei suoi allevamenti e caseifici (produceva il formaggio “Grana” allora denominato “Piacentino”).
A sostegno del “Verdi agricolo” alla fiera di Torino si è parlato anche del docufilm “Le stanze di Verdi” (ispirato al libro di Corradi) di Pupi Avati. Le stanze sono anche quelle della casa di Sant’Agata e delle sue cascine e il film comprende documenti d’archivio uniti ad aneddoti, racconti orali dei discendenti di famiglie che nelle tenute di Verdi lavorarono.
“Rigoletto”, “Il trovatore”, “La traviata”, “I vespri siciliani”, “Don Carlos”, “Aida”, “Otello”, “Falstaff”, sono capolavori del Maestro creati negli anni di Sant’Agata dal Verdi musicista, che poi investiva parte dei proventi delle sue opere nell’acquisto di terreni intorno a casa e nella cura del territorio dove viveva, contribuendo a importanti innovazioni come lo sviluppo delle tecniche agrarie.
Insomma, una vita da musicista ben saldata a quella di proprietario terriero e imprenditore è quanto sottolineato dal racconto al Salone del Libro in cui è stato evidenziato il modo appassionato di Verdi nell’occuparsi di ogni suo interesse, artistico e non.