Pensieri e pensatori in libertà


Papini e la cultura dell’anima

Papini aveva 26 anni nel 1907 e si sentiva un “uomo finito”. Era già stato tutto: fondatore di un gruppo politico intellettuale repubblicano, fondatore di una rivista, il Leonardo, che aveva messo a soqquadro il mondo accademico, fondatore di un movimento di pensiero – il pragmatismo - che aveva importato dagli Stati Uniti e tradotto a modo suo, con un’inclinazione esistenzialistica. 

Tutto aveva fondato e niente l’aveva soddisfatto. Il gruppo era finito, la rivista era finita, la nuova filosofia, per quanto lo riguardava, era finita. Nelle ultime battute della vita del Leonardo, che terminava in quel medesimo 1907, aveva provato senza successo l’avventura dell’occultismo, estremo tentativo di trovare una filosofia che diventi azione e che possa cambiare il mondo. Avrebbe voluto vedere l’ideale diventare reale, avere la chiave non del noioso pensiero pseudo-scientifico dei filosofi positivisti ma della ricca sintesi che è il genio degli scienziati veri come dei veri artisti. Non ce l’aveva fatta o non era successo.

Eppure, in quell’aprile del 1907 Papini, pur considerandosi “finito”, si era messo in testa una nuova impresa editoriale, la “collana dell’anima” da pubblicare presso l’editore Carabba di Lanciano. Forse aveva bisogno che di tutto ciò che aveva cercato di creare rimanesse qualcosa per “l’anima”, per quella sete esistenziale di compimento, di felicità, che era la stella fissa a cui il suo intelletto inquieto e pieno di pathos sempre si orientava e che voleva essere molto occupato “per non pensare all’inutilità del tutto” (lettera a Prezzolini, 15 aprile 1907).

Carabba era allora un piccolo editore ed ebbe il coraggio di rischiare sul giovane inquieto intellettuale. Papini e Carabba organizzarono una collana in anticipo sui tempi nella forma e nel contenuto. Inventarono la collana dei tascabili. Papini non voleva più di 150 pagine per libro con un’introduzione breve e graffiante, in un linguaggio moderno e facile. Sarebbero stati, diceva lui, dei “mattoncini”. Voleva una collana “più popolare” e “meno, come dire?, da biblioteca” di qualsiasi altra. In più fornì la collaborazione dell’amico artista Ardengo Soffici per la creazione di un logo affascinante e tuttora non facilmente decifrabile. E poi cominciarono i titoli, straordinariamente moderni per l’epoca: James, Bergson, Nietzsche, Unamuno, Kierkegaard, Mill, Sorel. E di seguito una serie di autori che il positivismo e l’idealismo avevano scartato: i mistici tedeschi, Novalis, i testi di morale buddhista, il libro di Job, Sant’Anselmo. Nel suo carattere radicale e sprezzante, tra una litigata e l’altra con Carabba, alla fine Papini tirò fuori una collana da più di 160 libri.

Rocco Carabba era un editore vero, capace di rischiare sul giovane irrequieto talento e in grado di resistergli negli inevitabili capricci, come quando gli disse che, essendo diventato futurista, le sole “parole di cultura e di anima non mi suggeriscono che il vomito” (dicembre 1913). O più avanti, nel 1920, quando, diventato cattolico, voleva che egli ritirasse dal mercato il libretto con “polemiche religiose” che aveva pubblicato nel 1917. Con acume commerciale e umano, Carabba sapeva che il libro avrebbe venduto di più e, soprattutto, che Papini anti-cattolico non era poi tanto diverso da quello cattolico, come da quello pragmatista: era fatto così, alla ricerca dell’assoluto incarnato, tutto pathos, niente strategie e niente calcoli. Del resto, nel Leonardo il suo amico Prezzolini lo aveva ben scritto: “Una grande stoltezza è da preferirsi a una piccola saggezza. Tanto più quando i piccoli saggi pretendono di avere il termometro della vita e il compasso della conoscenza” (aprile 1905).

E la “cultura dell’anima” dov’è finita? A più di un secolo di distanza dall’intuizione papiniana “la cultura dell’anima” era viva e vegeta la scorsa settimana al Salone del libro di Torino. La collana aveva lanciato il marchio Carabba e quest’ultimo ha risuscitato la collana, insieme alla sua continuazione contemporanea che, in omaggio alla prima, si chiama “biblioteca del Leonardo”. Del resto, i libretti tascabili di Papini non hanno smesso di essere intriganti e le buone idee non tramontano mai.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Emanuel Gazzoni (Roma): preparatore di risotti, amico di Socrate e Dostoevskij, affascinato dalle storie di sport
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.