Tecnosofia


Overdose nucleare

Parlandomi dell’amianto mio padre era solito ammonirmi che “ogni dose è overdose”: ogni singola fibrilla incastrata negli alveoli polmonari può nel lungo termine portare al cancro. Qualcosa di simile vale per le bombe atomiche. Ogni singola testata può non solo creare una devastazione locale immensa, ma far partire quel gioco di azione e reazione tra potenze nucleari (Russia, USA, Cina, Francia, Regno Unito, Pakistan, India, Israele, Corea del Nord) che può portare al nostro annientamento.

Certo, le bombe nucleari attualmente a disposizione sono molto più potenti di quella di Hiroshima. Essa era a fissione pura, ossia si basava sul raggiungimento di una massa critica di materiali radioattivi (U-235, Pu-239) per scatenare una reazione a catena incontrollata. Con questa tecnologia si raggiungono oggi potenze di 10-500 chilotoni, quando la potenza di “Little Boy”, la bomba sganciata su Hiroshima, era inferiore a 20. Oggi la maggior parte delle testate sono a fusione, e usano la fissione solo per innescare la fusione di idrogeno a deuterio e trizio (per questo le si chiama “bombe H”). Queste bombe raggiungono potenze fino a 50 megatoni, ossia 50000 chilotoni. Avete capito bene: esistono testate nucleari in grado di sviluppare una potenza paragonabile a 2500 volte quella che ha distrutto Hiroshima.

Questo paragone ci fa capire le potenzialità della fusione nucleare (il meccanismo con cui funziona il sole), rispetto alla fissione, a fini energetici. Se oggi controlliamo la fissione, non riusciamo però ancora a controllare la fusione nucleare, che nella sua versione incontrollata alimenta l’arma più devastante mai concepita.

Tornando ai rischi di una escalation tale da portarci a un olocausto nucleare, secondo un sondaggio condotto nel 2008 durante la Global Catastrophic Risk Conference di Oxford, la probabilità che l'umanità si estingua entro la fine del secolo a causa di una guerra nucleare è stimata all'1%. La probabilità che un miliardo di persone muoia a causa di armi atomiche è pari al 10%, mentre quella che ne muoiano un milione è del 30%.

Con buona pace degli anni della guerra fredda descritta nei romanzi di John Le Carré, non siamo mai stati così a rischio.

A partire dal 1947 gli scienziati della rivista Bulletin of the Atomic Scientists dell'Università di Chicago hanno ideato e aggiornato costantemente un “Orologio dell'Apocalisse”, che consiste in un orologio metaforico che misura il pericolo di un'ipotetica fine del mondo a cui l'umanità è sottoposta. Il pericolo viene quantificato tramite la metafora di un orologio simbolico la cui mezzanotte simboleggia la fine del mondo mentre i minuti precedenti la distanza ipotetica da tale evento. Alla sua creazione, l'orologio fu impostato sulle 23:53, sette minuti prima dell’Ora X; da allora, le lancette sono state spostate 23 volte. La massima vicinanza alla mezzanotte è stata raggiunta nel 2025, con appena 89 secondi. La massima lontananza è stata di 17 minuti, registrati tra il 1991, anno del primo accordo START sulla riduzione delle armi di distruzione di massa, e il 1995.

Siamo messi peggio degli anni più angoscianti della Guerra Fredda (1953-1960) o di quando il tenente colonnello dell’Armata Sovietica Stanislav Petrov, con il suo buon senso, evitò una guerra termonucleare. Era il 1983 e di questo parleremo la prossima volta.

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.