Toscani ha scardinato tutto un modo di lavorare in pubblicità: il mondo pubblicitario ha dovuto infatti prendere atto di nuove dinamiche, anche sorprendenti, attraverso le sue campagne innovative per Benetton. Quei manifesti in giro per Milano ma anche in tutta Italia, hanno fatto la storia: bambini con bandiere di nazioni diverse insieme, bianchi e neri sul vasino, russi e americani, la pena di morte, l’Aids (in quel caso selezionando fotografie di altri reporter), il prete e la suora che si baciano, il neonato con ancora il cordone ombelicale e altre, molto iconiche.
Ricordo che alla Biennale del 1993, curata da Achille Bonito Oliva, espose a tutta parete una serie di membri maschili in primo piano, tutti di differenti nazionalità e colore, come a ribadire che siamo tutti uguali certo, però l’approccio era forse un po’ troppo vicino ad un altro grande fotografo, lo statunitense Robert Mapplethorpe. In ogni caso, in questa furia iconoclasta di grande forza e anche arguzia Toscani si è distinto in modo netto. Nessuno può dimenticare quelle immagini.
Dunque il suo pensiero nel video, il pensiero di un Toscani di mezza età, nel pieno delle sue energie, è che un artista non è mai un creativo. Essere creativi vuol dire avere mille idee, alcune realizzarle, la maggioranza no. L’artista ne ha una sola e con quella traccia il suo percorso, nella più assoluta insicurezza, perché il percorso è nuovo, nessuno lo ha mai battuto. E dunque batte e ribatte, nel suo isolamento, a volte solipsistico, ma necessario. Infatti non sono delle idee, ma solo una grande, prepotente necessità. È esattamente così. "Io credo di avere sempre onorato la missione dell’arte, della fotografia. Ho cercato di capire subito in quali ambiti potessi esprimere al meglio il mio potenziale. Ho cambiato, ho osato. Mai abbastanza, certo. Ma ci ho provato".
