... avendo finito un po’ prima il corso, avevo una mezzora a disposizione … non me ne sono pentita. La Fondazione Trussardi (con la direzione di Massimigliano Gioni), con i suoi interventi in luoghi non accessibili ai cittadini milanesi e lavorando con un solo artista su un solo progetto all’anno, ha portato presenze internazionali in luoghi meravigliosi ma decaduti di Milano restituendoli al pubblico per qualche mese, ristrutturandoli quel tanto che basta per metterli in sicurezza. Un connubio interessantissimo tra la storia di Milano e l’avanguardia delle avanguardie.
Nello scorrere delle immagini mi sono ricordata delle varie mostre che ho visto nel corso del tempo ma soprattutto mi ha colpito la serietà e la passione di Beatrice Trussardi, che con un piccolo ma agile staff ha cambiato non solo il panorama ma anche la storia milanese. E così sono stati aperti tanti luoghi storici, da Palazzo Litta, riservato ai dipendenti delle FfSs che dopo varie insistenze fu reso disponibile per una delle più belle mostre che ricordo di aver visto di Fischli e Weiss, duo di artisti svizzeri, oppure l’apertura dell’albergo diurno in Porta Venezia, un gioiello Liberty dimenticato nel sottosuolo, con la mostra di Sarah Lucas, o il vecchio Mercato di Porta Genova, per una installazione di Paola Pivi, o la Palazzina Appiani, di fianco all’Arena, per una mostra di Pawel Althamer davanti alla quale era stata ancorata l’opera ”Baloon”, un gigantesco autoritratto in forma di pallone aereostatico, che fu commissionato addirittura in America.
In ogni occasione l’intervento sul territorio è sempre stato molto di impatto, penso in particolare alla quercia più vecchia di Milano, quella in piazza XXIV Maggio per l’opera di Maurizio Cattelan, “Untitled” che tanto scosse la città, con i tre bambini impiccati dagli occhi aperti, come in una gogna medievale, che durò pochi giorni perché dopo scontri e proteste e dibattiti sui Tg (nel 2004 i social non c’erano), un cittadino infuriato distrusse uno dei manichini e a quel punto l’artista decise di ritirare l’opera. Quello che ho pensato andandomene dalla conferenza è che di fatto la Fondazione Trussardi ha utilizzato Milano come fosse un museo a cielo aperto, sopperendo alla mancanza di uno spazio deputato forse desiderato dalla città ma che non è mai nato, per tanti motivi. Invece di costruire un luogo, un contenitore perfetto, ha certo dato un senso all’imperfezione di spazi già esistenti ma invisibili. Il problema però è che tutti gli spazi utilizzati e fruiti con così tanta passione non sono ritornati alla città ma si sono richiusi dopo le mostre, come stelle che muoiono.