Nel suo stato ha introdotto norme severe per bloccare l’insegnamento della critical race theory, censurare professori che parlino di sesso alle elementari, e rivedere tutti i libri per escludere la presenza di idee woke nei testi. In pratica ha introdotto un estremismo uguale e contrario per risolvere il problema: probabilmente la soluzione sbagliata ad un problema che invece riguarda la libertà d’espressione, e di ascolto.
Ogni candidato presidenziale sceglie un cavallo di battaglia per distinguersi dagli altri ed arringare le masse, ma visto come sta cambiando la percezione pubblica del woke, non è detto che DeSantis stia facendo la scelta giusta. Quando questo fenomeno è passato dalla comunità nera a quella dei bianchi da ZTL, con la conseguente censura di scrittori, anarchici, comici e tutti quelli che non si adeguassero al primato morale di leader pacifici ed ecosostenibili come Obama e Clinton, il popolo americano ha reagito con fastidio. Non solo i repubblicani, ma anche indipendenti e democratici hanno visto nella politica di identità, e specialmente nella censura della libertà di parola, un grosso problema. Si arrivò al punto, l’anno scorso, che il partito Democratico chiese ai propri rappresentanti di darsi una calmata.
Tuttavia, dopo che la reazione di repubblicani come DeSantis e compari GOP è stata all’insegna della stessa censura, semplicemente in senso contrario, l’avversione della maggioranza s’è fermata. Oggi essere chiamati woke è un complimento per il 46% dei democratici, un insulto per il 61% dei repubblicani, e neutro per tutti gli altri, ovvero le persone intelligenti che si oppongono a qualsiasi censura e moralismo. A livello generale il termine woke è tornato ad avere la connotazione positiva iniziale, di persona sveglia, che sta attenta ai problemi della società e nulla più.
A questo ha contribuito il forte dissenso rispetto agli eccessi, in entrambe i sensi: dai genitori che han portato via da scuola i figli cui venivano insegnati concetti balzani, al calo di vendita di birre e magliette pubblicizzate LGBTQ+, alle proteste vivaci verso qualsiasi divieto sulla pillola anticoncezionale. Divertente il fatto che le vasectomie sono aumentate del 29% negli stati che hanno messo limiti stringenti sull’aborto, nello stesso momento in cui atleti transgender sono cacciati via dalle competizioni agonistiche femminili. L’eccesso peggiore, il più odioso e meno riportato dai media, è quello a danno delle biblioteche pubbliche, in quasi tutto il paese. Estremisti dell’una e dell’altra sponda entrano, distruggono libri ed attaccano il personale bibliotecario; ma così facendo, l’han fatta fuori dal vaso.
Gli americani che non contano, quelli che lavorano e mandano avanti il paese fuori dalle ZTL, rifiutano questi estremismi, e sono riusciti a prendere il woke con buon senso: da un lato accogliere la richiesta di riparare il grande divario razziale nella nostra società, dall’altro il netto rifiuto della soppressione della libertà di parola e della meritocrazia. Giusto proteggere chi è sfortunato, ma in generale si premia chi lavora, rischia e fa bene. L’eccesso di woke è assolutamente antiamericano, perché vieta la possibilità di chiedere, indagare, dire la propria. Nel momento in cui si censurano libri, o si cerca di indottrinare i ragazzi a scuola, ad esempio insegnando che l’unica cosa che conta di Washington è che avesse schiavi, o non insegnare proprio nulla della storia europea, si distrugge il paese. In questo dialogo tra Elon Musk e Bill Maher si vede bene: funzioniamo sulla base di libertà ed ottimismo, gli eccessi del woke non possono esistere.
L’America è fondata sulla speranza, ottimismo a volte mal riposto, ma sicuro che il domani sarà migliore, che questo infinito esperimento che è la nostra democrazia possa migliorare ancora. Essere americani è tutto qui.