... vale la pena lo stesso. È una mostra sfortunata perché è stata martoriata dal Covid-19 e, ora, per rimediare, le visite sono contingentate e potete fermarvi 5 minuti in ogni stanza, che in essa vi siano due schizzi o cinque capolavori.
Purtroppo, però, anche senza la sfortuna Covid-19, la mostra è pensata per rendere difficile la comprensione normale: il percorso a ritroso, dalla morte alla giovinezza, non facilita lo sguardo. Si comincia, quando uno è ancora freddo e poco immedesimato con l’autore, con i capolavori della maturità, dove Raffaello aveva approfondito, sebbene così giovane (è morto a 37 anni), le intuizioni umane, artistiche, filosofiche e teologiche di tutta la tradizione antica e cristiana e li aveva portati verso un’armonia nuova, un trionfo della ragionevolezza e della pietà per questo nostro essere uomini. E si finisce con il pittore giovanissimo e inevitabilmente acerbo in una diminuzione di ricchezza e potenziale psicologicamente innaturale. Alle volte, per far la cosa originale, si complica la vita dei visitatori.
Inoltre, l’esaltazione di Raffaello che disegna i monumenti della Roma antica è interessante, ma viene concepita in maniera un po’ troppo esclusiva. Raffaello non è semplicemente un umanista che rimane impressionato dall’antichità e dai suoi valori. Egli inserisce le forme antiche dentro le sue Madonne dolci e malinconiche, dentro gli sguardi e i gesti di cardinali sfuggenti e Papi tristi, di dame nobili e popolane splendide. Come sempre, quando il taglio di lettura diventa esclusivo, si rischia di essere ideologici.
Raffaello, invece, risplende nei quadri della mostra nella sua originalità di colori e forme, alle volte sconvolgenti per modernità, ma anche nell’armonia profonda e nella semplicità assoluta con cui mette insieme l’antico e il nuovo, il pagano e il cristiano, il sacro e il profano. Come dice il curatore della pittura cinquecentesca della National Gallery, Matthias Wivel, nel mediometraggio “You. Story and glory of a masterpiece” di Nicola Abbatangelo sulla Madonna Sistina, Raffaello voleva mettere in luce “l’angolo migliore della natura umana”, far vedere che in tutto questo caos e in tutte le nostre bassezze siamo sempre parte di un cosmo, di un ordine armonioso, diverso e migliore, che ogni tanto affiora, facendo pensare che in effetti, la bellezza salverà il mondo, come dice uno dei protagonisti dei Demoni di Dostoevskij riferendosi proprio al grande pittore italiano.