Musica in parole


Ennio Morricone: intelligenza, fatica, studio

"Bisogna studiare tanto, tanto, tanto. Io l’ho fatto… e poi ho avuto anche un po’ di fortuna". Disse così Ennio Morricone, incontrando nel 2016 gli studenti dell’Università romana "Tor Vergata".

In questi giorni sono stati scritti fiumi di parole in omaggio a Morricone compositore, per comprendere il quale bisogna sempre tornare al fatto che sì, il Maestro...

... aveva studiato: alle spalle dell’enorme produzione di successo nota a tutti, c’era una solidissima formazione accademica. Al Conservatorio di Roma iniziò e completò gli studi in più discipline: anni e anni di lezioni e fu lì che imparò l’arte dello scrivere musica; ebbe come docente di composizione Goffredo Petrassi, del quale Morricone ricordava come guidasse gli allievi - trasferendo loro anche un notevole corredo di conoscenza del Novecento musicale, Stravinsky in primis - lasciandoli però liberi di essere se stessi, nella musica che scrivevano.

Per tutta la vita Morricone insistette sull’importanza dello studio e della disciplina nel lavoro d’arte; lo sapevano i suoi studenti ai quali non faceva sconti, prima al Conservatorio di Frosinone, dove insegnò negli anni Settanta e poi come titolare della classe di composizione di musica da film (1991-1996) all’Accademia Chigiana di Siena.

Quando entrava nel merito del comporre per le immagini, tornava fatalmente a parlare anche di polifonia, contrappunto, orchestrazione e persino dodecafonia: suo bagaglio di studi musicali che magnificamente faceva risaltare dove non se lo sarebbe aspettato nessuno, in una canzone, uno spot, una scena da film. Nei Conservatori italiani la musica applicata è materia presente ormai un po’ ovunque; a Torino ad esempio è anche espressione di attività artistica degli studenti, essendo la Città sede del Museo nazionale del cinema e del Torino Film Festival, con i quali il Conservatorio collabora.

Capita quindi che nelle nostre aule ci siano ragazzi alle prese con il basso continuo che sostiene il "Deborah’s theme" (C’era una volta in America) o con i ragtime che popolano La leggenda del pianista sull’oceano. Morricone era convinto che la divaricazione tra categorie si sarebbe col tempo ridotta: "Fra un po' di anni ascolteremo la musica da film come musica classica e viceversa… D'altra parte la musica applicata è sempre esistita… Musica per i Reali fuochi d'artificio di Haendel o le Cantate di Bach cos'erano, se non musica funzionale?". Così il Maestro si espresse una decina di anni fa incontrando gli studenti al Conservatorio di Brescia, che lasciò con una riflessione sulla quale, concludendo, merita tornare: “Ci sono molti giovani preparati, ma anche tanti compositori improvvisati, che affidano all'elettronica le loro acerbe idee, illudendosi che un computer possa supplire l'intelligenza, la fatica, lo studio”.

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In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa