IL Signor CEO


"Il lockdown è stato gestito male: siete ancora troppo liberi"

Continua, tra molte tensioni, il botta e risposta tra il Signor CEO e Zafferano. Ecco la domanda di questa settimana.

Voglio tornare sul post virus. Mi pare che la gestione del lockdown da parte dei vostri maggiordomi-premier sia stata imbarazzante in termini di comunicazione e di risultati. Il crollo del PIL è da addebitare alle scelte di costoro, l’abbiamo capito tutti.

"Al di là della volgarità del linguaggio, lei ha ragione gli ometti/e che abbiamo fatto eleggere Premier nei Paesi occidentali non si sono mostrati all’altezza. Tutti gli sforzi fatti in questi anni per un lockdown da pensiero unico postmoderno, gli investimenti per la scristianizzazione delle masse, la seduzione attraverso idoli quali il relativismo (tutto è uguale), il nichilismo (nulla vale), il cinismo (homo homini lupus), il consumismo (distruzione creativa) si sono trasformati in quattrini buttati.

Persino uno culturalmente scarso come lei, e i quattro gatti di Zafferano (quelli dei “voglio non posso”), siete riusciti, rubando concetti qua e là, a costruire un approccio e un linguaggio contro di noi. Assemblando in modo raffazzonato, tipico degli Zafferani, Hannah Arendt (c’è sempre uno scopo buono all’origine del fascism), Thomas S. Eliot (si costruiscono modelli economici politici culturali talmente perfetti in cui l’uomo può non essere buono) e l’immenso Friedrich von Hayek (gettarsi nelle braccia rassicuranti e comode di un ente supremo dimenticando però che chi detiene tutti i mezzi detiene tutti i fini), vi siete inventati, attribuendocelo, un modello chiamato CEO capitalism, che non esiste ma è, lo riconosco, culturalmente suggestivo.

Ben gestito il lockdown doveva diventare una modalità per separare fisica e metafisica, ragione e fede, scienza e coscienza, progresso e tradizione, per arrivare all’obiettivo finale del vero CEO capitalism: al centro del pensiero non più l’uomo e la sua (oscena) libertà, ma il consumatore, un servo di quella che George chiama pérennité.

E adesso basta, mi sono stufato, parlare con Lei mi stanca e mi annoia!".

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In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa