IL Digitale


Valuta digitale, quale denominazione?

In questa rubrica abbiamo già esaminato il caso delle criptovalute, siano esse distribuite come i Bitcoin o centralizzate da qualche marpione come il tentativo di Zucki con Libra. Ricordo che il Senato americano non ha dato scampo alle mire valutarie del padrone di Facebook, specialmente perché...

... qualsiasi operazione che vada a mettere in dubbio il ruolo del dollaro come moneta dello scambio commerciale internazionale danneggerebbe l’America. Per maggiori chiarimenti, raccomando l’articolo di Guido Salerno Aletta: lo trovate qui.

Scontata l’avversione americana per le criptovalute, che ritroviamo in un regime fiscale estremamente punitivo per il contribuente USA che scambi Bitcoin e simili, capiamo che la Cina ha solo da guadagnare nel lanciare una criptovaluta centralizzata di stato, un criptoYuan per intenderci. Affrancarsi dal dollaro e da circuiti di pagamento internazionali come lo SWIFT consente alla Cina di raggiungere il completo controllo del proprio commercio internazionale, che oggi non ha. Allo stesso modo stati come Iran o Russia, colpiti da boicottaggi del loro commercio internazionale ad opera di Washington, hanno solo da guadagnare nel far saltare il dollaro ed i relativi sistemi di pagamento.

Internet, alla pari del dollaro, è un grande successo americano specialmente per la capacità di monitoraggio e controllo di tutto quanto passa sul web, partendo dai pagamenti. Non a caso, sia la Russia sia la Cina hanno creato dei firewall speciali per staccarsi da internet e controllare (o censurare) tutto quanto avvenga nel loro paese.  A Washington hanno finalmente capito che non possono lasciar prender piede ad una criptovaluta di stato che non sia la loro. Il Bitcoin era stato falsamente spacciato come valuta della malavita, ma era solo fake truth per evitare di perdere potere con il dollaro. Perché occorre partire con una criptovaluta di stato, adesso, in America?

Mentre il Bitcoin deve essere custodito e quindi non pregiudica il ruolo delle banche, il criptoYuan potrebbe asfaltare il settore bancario internazionale, che è principalmente anglosassone, pensiamo a BlackRock.  Tra fidarsi di loro e fidarsi del Partito Comunista Cinese nel proteggere i risparmi in valuta, logicamente il PCC ha meno motivi di tirare fregature.

Inoltre, se il consumatore digitale potesse comprare, in criptoYuan da Alibaba, gli stessi prodotti che può farsi recapitare da Amazon in dollari, contribuirebbe ad una riduzione del controllo sui pagamenti che a molti non piace.  Ed ecco che Washington ha finalmente deciso di fare il criptoDollaro. Con molta calma ha affidato il progetto al National Science Foundation e potete leggerne qui . È un iniziativa molto circoscritta e con pochissimi fondi, a dimostrazione della paura che regna a Washington. Vedremo se il dragone cinese li smuove.

In una prossima puntata riprendiamo il tema dell’economia in nero e del ruolo della tecnologia digitale.

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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa