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Il virus e la logica delle ipotesi

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La ridda di pensieri contrastanti riguardo al virus non diminuisce con l’arrivo dell’estate. Il virus contagia meno? È cambiato o non è cambiato? È scomparso, si è adattato, non c’è mai stato? Le domande rimbalzano dalla spiaggia alla radio, sempre condite dalle voci autorevoli di fazioni di virologi.

Una mia allieva, la dotteressa Stefania Gentile, mi fa notare che in realtà tutta questa confusione di opinioni mette in luce che qui occorrerebbe un tipo di ragionamento diverso da quello che gli scienziati stanno utilizzando e che insegno sempre a lezione: l’abduzione, ossia il ragionamento che si usa per formulare delle ipotesi.

Nonostante ciò che ne diceva Karl Popper, la scienza procede raramente per ipotesi in senso stretto. Di solito, e la medicina di questi mesi lo prova, la scienza si appoggia all’esperienza precedente. Chiamiamo ipotesi ciò che di fatto sono solo diverse sistemazioni di esperienze pregresse e di calcoli statistici. Dal punto di vista logico, si tratta sempre di induzioni, alle volte implementate con qualche deduzione locale.

Le ipotesi vere sono rare perché per avere un’abduzione, cioè un’ipotesi in senso stretto, occorre innanzi tutto trovarsi di fronte a un fenomeno nuovo. Ed è proprio il caso del Covid-19. La confusione di opinioni è dovuta al fatto che il fenomeno è davvero nuovo, non osservato prima. Per capire i fenomeni nuovi – ricordava Charles S. Peirce, "scopritore"  dell’abduzione – non basta risistemare le esperienze precedenti, ma occorre una lettura estetica dei segni marginali o più deboli. Tale lettura, per la quale ci vuole senso estetico, ci consente di cambiare paradigma e di inserire il fenomeno nuovo in un quadro diverso dai precedenti e, di solito, più ampio.

Per spiegare questo percorso Peirce ricorreva al racconto Gli assassini della Rue Morgue di Edgar A. Poe. Un efferato omicidio di due donne, avvenuto in una casa chiusa dall’interno, con troppa violenza e con urla non chiare, risulta inspiegabile alla polizia che si muove in base alle esperienze precedenti. L’investigatore Dupin smette di considerare le evidenze come un caso del solito paradigma ‘omicidio’ e prova a considerare la violenza, la casa chiusa dall’interno, le urla non comprensibili come segni di una realtà imprevista. L’ipotesi alla fine è sorprendente almeno quanto il caso: l’assassino non è un essere umano, che era la pista che la polizia stava seguendo, ma un orang-utang. Come sempre quando le cose sono vere, la soluzione – una volta ipotizzata – risulta facile da verificare.

Peirce fa vedere che il medesimo procedimento di Dupin è quello praticato dalle grandi scoperte scientifiche: da Pitagora a Keplero. Anche nel sorprendente fenomeno del Covid-19 occorre formulare un ragionamento abduttivo, un’ipotesi in senso stretto, che superi il vociare delle induzioni basate sulle esperienze precedenti. Stiamo aspettando un nuovo Dupin, stavolta con il camice bianco.

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