IL Digitale


Intelligenza artificiale libera e lingua

Un amica di Zafferano.news chiede di continuare il paragone tra smanettare software di intelligenza artificiale e parlare una lingua straniera, ancora spaventata dal grado di astrazione richiesto per addentrarsi nel codice. Concordo: nessuno ha mai sentito il profumo di un database, strizzato un file, visto il colore...

... di un algoritmo. Al contrario, molti di noi hanno sentito il profumo di un Roero Arneis, strizzato il suo tappo, visto il suo colore paglierino e gustato quest’ottimo vino fresco.

Nell’imparare una lingua straniera, pensiamo all’inglese, dobbiamo imparare le parole giuste per vino, tappo, bottiglia, ed ancor più metterle nella sequenza corretta per dare lo stesso significato cui pensiamo in italiano. Che sia bottiglia o bottle però, il concetto è chiaro a tutti: un contenitore generalmente di vetro trasparente, cilindrico, mediamente di un certo peso e contenente un liquido molto buono, il vino. Crescendo impariamo a parlare la nostra lingua, cominciamo a bere vino, e non ci preoccupiamo troppo di parole, concetti e sintassi... fino a quando non vogliamo imparare una lingua straniera, e qualche fatica dobbiamo farla per dire "This vintage bottle of Roero tastes refreshingly beautiful".

Con OpenNN (che prendo ad esempio come l’inglese) è la stessa cosa. I concetti li chiamiamo "classi" e quelli che usiamo più spesso sono i DataSet, che ci aiutano a gestire i dati,  i Network Neurali, che rappresentano i neuroni del ranocchio, le Strategie di Training, che dicono come far imparare il ranocchio ed infine il Testing Analysis che ci spiega come provare che il ranocchio ha imparato correttamente.

Mettiamo che il DataSet siano i vini bianchi italiani. Il Network Neuronale che abbiamo in testa ci consente di riconoscere il Roero dal Moscato, siete capaci tutti. Lo siete perché avete imparato a distinguere la differenza dei due colori, profumi e dolcezze diverse. All’inizio avete osservato ed assaggiato il Roero, poi avete ripetuto con il Moscato, e dopo qualche bicchiere siete in grado di riconoscerli senza errori e senza vedere la bottiglia. Bene, se volete insegnarlo ad un robot, dovrà avere sensori che misurino quelle variabili: colore, trasparenza, PH, grado zuccherino. Dopo qualche esperimento avrà raccolto gli stessi dati che abbiamo nel nostro cervello. Come nella lingua che parliamo, oltre ai concetti abbiamo le "associazioni" ed in OpenNN le chiamiamo allo stesso modo, per dire la stessa cosa "Associations". Se il giallo è intenso, ED il vino è dolce, ALLORA può essere Moscato.

Allo stesso modo abbiamo le "composizioni" (Compositions), ovvero somme di concetti che possono essere sempre più generici: Moscato e Roero sono entrambi Vini, ovvero Bevande.  Ma anche il latte è una bevanda, anche il Barbera è un vino, ma sono concetti/classi diverse rispetto ai due vini bianchi citati. 

Se siete arrivati qui in fondo, spero abbiate a tiro almeno una bottiglia di Roero o Moscato e voglia di entrare più a fondo nell’argomento. Qui trovate il necessario per vedere ancora qualche strumento e proseguire nel parallelo con la lingua che parliamo tutti i giorni. Prosit!

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

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Pupi18054216 (Genova): linguista resistente. Libera pensatrice
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa