IL Digitale


Creatività e intelligenza artificiale

Da cinque anni corro attorno al fiume Charles di Boston con Paolo Ciuccarelli, fondatore del Density Design Research Lab al Politecnico di Milano, del Center for Design a Northeastern University, e della start-up ADA IQ; è famoso per la sua ricerca scientifica e lavoro pratico nel campo del design applicato ai dati e algoritmi.

Di cosa possiamo parlare noi due, corridori di mezz’età, cercando di completare quegli 8-10 chilometri in tempi accettabili? Metà delle nostre corse è spesa a ragionare di creatività ed intelligenza artificiale, ci tiene giovani.

Ho imparato molto da Paolo, dall’importanza del design, ossia come dovrebbe funzionare qualcosa, all’importanza del processo abduttivo, alla creazione o ristrutturazione del problema, prima della sua soluzione. In passato ho conosciuto designer ed imprenditori famosi per aver creato prodotti innovativi: li accomuna la grande conoscenza dell’applicazione, e la capacità di astrarre i principi da un campo per usarli in un altro, con una metafora. Ad esempio un mio ex-capo, Franco Stefani, ha moltiplicato la produttività dell’industria ceramica per dieci, quando ha creato una rotativa per decorare le piastrelle. La rotativa esisteva da decine di anni per stampare giornali e riviste, ma nessuno l’aveva mai ripensata per deporre gocce di 30-40 picolitri di pigmento con cui impregnare la ceramica cruda prima che il forno la vetrifichi. Quell’invenzione, e sue evoluzioni, consente di avere piastrelle che assomigliano alla pietra, al legno, al tessuto, oppure riproducono immagini famigliari, ad un livello impensabile prima. La creatività di Stefani è una metafora: la rotativa per piastrelle.

Fino ad oggi fa l’intelligenza artificiale ha aiutato il creativo con l’automazione: processare molti dati rapidamente, ottimizzare un testo secondo le regole della retorica, usare statistica complessa per proporre nuove formule e materiali. Fino ad oggi, il ranocchio elettronico ha aiutato eseguendo delle ricette. Una delle prime pubblicità fatte da AI venne da Toyota, che ricombinò filmati di successo di automobili precedenti: ne venne fuori uno spot elegante, ma sapeva di minestrone riscaldato. AI non aveva creato nulla di nuovo, ma ottimizzato la ricetta comune alle pubblicità di successo.

La nostra capacità di generalizzare e di pensare per metafore, quindi traslando i concetti da un contesto all’altro, per ora ci distingue dalla macchina, utilissima per quanto sa fare bene. I più recenti sviluppi di TikTok, Google e Meta vogliono colmare questa differenza, per conquistare mercati come quello pubblicitario, che assorbe mille miliardi di dollari l’anno e da sempre è dominio dei creativi. Forse avranno successo, aiutati dal fatto che negli ultimi anni la loro penetrazione nel mercato è salita già al 50% e stanno investendo come se non ci fosse un domani. Pensate, Zucki promette $100 milioni di bonus (oltre al lauto stipendio e mezzi grandiosi) a chi assume da OpenAI, o a chi sia comunque una star dell’intelligenza artificiale.

Il mercato pubblicitario reagisce all’attacco dei digitali, investendo nuovamente sui cartelloni pubblicitari e sui convegni, perché hanno il vantaggio di esser controllati molto meglio degli algoritmi. Inoltre, ora che i consumatori passano dal motore di ricerca agli LLM, il modo migliore di influenzare le loro raccomandazioni è dare in pasto articoli nuovi, scritti da creativi veri, non rigurgitati da complessi motori statistici.

Se facciamo un salto indietro nella storia, quando gli artisti dovevano spremere il cervello per creare una storia o un dipinto nuovo, rivediamo Charles Dickens che usava morfina, Keats, Proust e Poe fumare l’oppio, Van Gogh che tirava di assenzio. Il cervello elettronico non processa nessuna sostanza chimica per ora, solo elettroni: gli dessimo un elettro-shock, lo friggeremmo. Le principali differenze in termini di creatività, tra cervello umano ed artificiale, le troviamo nella capacità di generalizzare e pensare per metafore, ed in quella di stimolare chimicamente la nostra zucca. Vai a vedere che i vizi umani son quelli che ci mantengono il primato della creatività? Historia artis magistra vitae?

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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
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Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.