Pensieri e pensatori in libertà


Le foto inedite di Grossman in mostra a Rimini

C’è una foto che ritrae Vasilij Grossman dopo la guerra, in una dacia di Zagorjanka, vicino a Mosca. Grossman è in piedi, all’aperto, ma è in pigiama. Legge serio serio il giornale del giorno mentre i suoi due amici, Semën Tumarkin ed Efim Kugel’, gli si accalcano addosso, leggendo a loro volta il giornale ma prendendolo sottobraccio divertiti. È il 1946, la guerra è finita da poco e Grossman deve riprendersi da un lungo esaurimento nervoso post-bellico. Intanto, sta cercando di pubblicare Il Libro nero.

Il genocidio nazista in Unione Sovietica 1941-1945 e inizia a scrivere la sua saga sulla battaglia di Stalingrado, quella che darà vita ai romanzi Per una giusta causa (Stalingrado è il titolo della traduzione italiana) e Vita e destino. Come noto, la storia è unica ma l’autore è differente. Il Grossman che scrive la prima parte del romanzo, pur bella artisticamente, è uno scrittore che accetta ancora i dettami della filosofia della storia marxista. Il Grossman della seconda parte è un uomo libero, che ha deciso di non scendere più a compromessi con se stesso e con il dire la verità su quanto era accaduto e accadeva, a cominciare dalla persecuzione degli ebrei nell’Unione Sovietica staliniana. La foto ritrae l’inizio di questo momento di riflessione sulla guerra vissuta ma, molto di più, introduce una categoria poco studiata nella scholarship grossmaniana: l’amicizia.

I due amici della foto sono ritratti altre volte con Grossman. Sono gli amici di tutta la vita, quelli che restano mentre tutto scorre via. Tumarkin, professore universitario di matematica, è ebreo e ucraino come lui. Grossman lo aveva conosciuto a Kiev, quando avevano dieci anni. Kugel’, ingegnere chimico, viene da una famiglia ebraica povera e conosce Grossman all’università. Sarà ritratto come il più umano, meno intelligente e meno fortunato del gruppo nel racconto autobiografico “Fosforo”. In Vita e destino c’è una bellissima pagina sull’amicizia, su quanto essa sia la forza dell’uomo. Termina così: “Molteplici sono le forme dell’amicizia, vario il suo contenuto, ma una sola è la base, incrollabile: la certezza che l’amico non ti tradisce, che tu non lo tradirai. Splendida è pertanto l’amicizia in cui non è l’uomo a esser fatto per il sabato. Là dove amici e amicizia vengono sacrificati in nome di interessi superiori, l’uomo dichiarato nemico dell’ideale superiore, che ha perso tutti gli amici, è comunque sicuro di non perdere un amico vero”.

Chi ha subito persecuzioni, piccole e grandi, chi ha vissuto in ambienti ideologici, piccoli e grandi, sa che la resistenza all’ideologia non avviene in virtù dell’intelligenza. Come noto anche dalle vicende degli accademici italiani con il fascismo, gli intellettuali sono i primi a “vendersi” perché sono i più scaltri nel trovare a sé prima che agli altri una giustificazione per concordare “in un certo senso” con l’obbrobrio o con la menzogna che deriva dal potere, piccolo o grande.

La resistenza alla menzogna e all’ideologia è affettiva. Si resiste perché si appartiene a un gruppo dove ciò che il potere considera un valore è un disvalore e viceversa, un luogo in cui si è sicuri di essere amati qualunque cosa succeda. Spesso tali luoghi sono le famiglie. Per Grossman probabilmente, negli anni in cui decide di affrancarsi dalla sottomissione mentale del regime, è soprattutto la compagnia con l’amante, Ekaterina Vasil’evna Zabolotskaya. È stata più complicata la storia dell’amicizia. Gli amici sono rimasti tali e non lo hanno mai tradito del tutto. Tuttavia, a proposito del valore affettivo della resistenza, nel momento supremo della prova, il più vicino è stato Kugel’, il meno dotato di “fosforo”, il meno brillante, quello che non poteva vedere nessun “certo senso” in cui giustificare il male.

La foto la potrete vedere, insieme ad altre 60, inedite, alla grande mostra “La forza dell’umano nell’uomo” che sarà esposta nel Meeting di Rimini dal 22 al 27 agosto. Nella mostra ci sono anche frasi, scritti, persino un audio con la voce di Grossman che legge un racconto e un cortometraggio per la regia di Nicola Abbatangelo e l’interpretazione di Alessandro Preziosi. Ma le foto vi faranno vedere Grossman com’era, serio ma non cupo, curioso di capire, interessato al senso della vita umana, raramente solitario.

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In questo numero hanno scritto:

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Guido Saracco: già Rettore Politecnico di Torino, professore, divulgatore, ingegnere di laurea, umanista di adozione.