Vita d'artista


Casa come me

“Il giorno che mi son messo a costruire una casa non credevo che avrei disegnato un ritratto di me stesso.” Curzio Malaparte

Ecco le esatte parole di Curzio Malaparte, scrittore, giornalista e poeta, riguardanti la sua casa, l’essenza architettonica della sua personalità, da lui progettata e poi realizzata a Capri. 

La villa, in pieno stile razionalista, fu iniziata nel 1938, dopo avere acquistato il terreno per 12.000 lire su un irto promontorio roccioso, e poi per via dell’amicizia con Galeazzo Ciano, frequentatore ed amante di Capri a sua volta, ottenne la licenza edilizia, che divenne un connubio raro tra architettura ed ambiente naturale.

La villa fu costruita con le indicazioni dello scrittore, spigolosa ed eclettica e nei suoi arredi minimi ed essenziali pareva quasi monastica, voleva infatti che avesse un “carattere forte e solitario” per questo motivo soprannominata “Casa come me”. Costituita da un salone che si apre a quattro panorami diversi, uno studio per scrivere, un piccolo appartamento per gli ospiti detto “Ospizio” e un’altra camera da letto per la compagna “Favorita”, è quasi un eremo, ci si può arrivare solo via mare o attraverso una passeggiata che si inerpica sulla roccia. Bruce Chatwin la definì “Una nave omerica finita a secco”. Il tetto, una scala di 32 gradini che tende all’infinito, si apre come un vero teatro immerso nel paesaggio. Certo il via a questi nuovi luoghi dell’anima l’aveva dato certamente D’Annunzio col Vittoriale, a sua volta interamente concepito dallo scrittore, che addirittura incastonò la prua di una nave da guerra nella montagna.

“Accessibile tramite barca, solo su invito e non è possibile fare foto” ecco che Maurizio Cattelan pone le regole per la sua nuova mostra personale “Fear of painting” proprio negli spazi di casa Malaparte, qualche giorno fa, naturalmente il parterre è esclusivo, come la durata della mostra: una sola sera. Chiaramente concepita come un evento elitario, con la collaborazione del mega gallerista Larry Gagosian, anche se di fatto, a parte la sera dell’inaugurazione, in galleria (ovunque) ci vanno ormai in pochi. Le opere, le cui foto sono comunque state distribuite alla stampa di settore, sono in marmo, direi piuttosto classiche e a quanto pare creano “un cortocircuito visivo tra l’essenzialità della forma e la forza simbolica dei materiali” anche se l’approccio è, come al solito, perfettamente contemporaneo. Forse non bastava la mostra diffusa a Bergamo, che per altro non so se vedrò, ma capisco, quando le cose girano bene … perché smettere?

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