Vita d'artista


Entartete Kunst

Il 19 luglio del 1937 apriva la mostra “Entartete kunst” a Monaco, voluta dal regime nazista per mostrare al mondo l’arte “degenerata”. Le linee guida dei sequestri nei musei tedeschi delle opere non gradite, trovavano il loro compendio in un pamphlet pubblicato...

... agli inizi del 1937: la “Säuberung des Kunsttempels” (Pulizia del tempio dell’arte) di Wolfgang Willrich, pittore dilettante, già impiegato presso il Ministero della Cultura, al quale vennero conferiti gli incarichi organizzativi per la mostra di Monaco. Nella mostra vi troviamo gli artisti del gruppo Die Brücke (Emil Nolde, Ernst Ludwig Kirchner, Karl Schmidt-Rottluff tra gli altri), quelli del Blaue Reiter (Vassilij Kandinskij, Paul Klee, Franz Marc), espressionisti come Edvard Munch ( omaggiato da Goebbels in persona, ma poi finito tra i degenerati), e ancora gli artisti della Secessione Berlinese, quelli della Neue Sachlichkeit (George Grosz, Otto Dix) e moltissimi altri.

Ma la storia è più complessa. Inizialmente l’espressionismo era stato utilizzato dai nazisti, a cui piaceva quel linguaggio la cui capacità di rendere, nella sua aggressività “zackig”, il tuono e il fulmine, l’orrore dell’inferno delle trincee, e una realtà inaudita non più rappresentabile, intraducibile. L’intensa gestualità espressionista, il suo potere simbolico, il suo inedito repertorio di forme, diventa allora non più uno scudo contro la guerra, ma una vera e propria arma offensiva. Sotto gli orpelli di questa visione post-romantica, sotto il culto dell’arcaico e del primitivo, la frenesia e l’empatia erano utilizzate per mascherare un progetto, quello del Terzo Reich, assolutamente moderno: la dominazione planetaria della tecnica.

Secondo Jean Clair, in “La responsabilità dell’artista” ( 1997) , “per Mies van der Rohe, per Gropius, per Kandinskij, occorre constatare che il movimento moderno e le teorie del Bauhaus erano perfettamente compatibili con un contenuto non democratico”. La domanda che egli si pone è: esiste una relazione intrinseca tra l’avanguardia e il totalitarismo? L’epoca modernista non fu solo la storia di un’avanzata dello spirito verso un futuro radioso ma accompagnò, con lo stesso passo, il progresso del Male. L’espressionismo dunque fu non solo “l’avanguardia” di una liberazione spirituale, ma anche il segno premonitore di un terrore politico; non solo il genio nella sua più pura individualità ma anche la manifestazione di una volontà di potenza che attendeva il suo terreno di applicazione politica. Nolde, Kandinskij o Schlemmer non sono responsabili dell’uso che il nazismo avrebbe desiderato fare delle loro arte, ma l’ingiustizia derivò dal fatto che si giudicò in modo differente una supposta colpevolezza a seconda si trattasse delle correnti popolari del realismo o delle correnti elitarie dell’avanguardia. Una questione aperta.


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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata