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Primo scontro Biden Trump

Quando leggerete questo articoletto sabato prossimo, saprete com’è andato il primo dibattito tra i due principali candidati presidenziali, in onda su CNN martedì. Dispiace che l’emittente Dem ne abbia studiate di tutti i colori per escludere il candidato indipendente, Kennedy Jr. Prima gli han detto che doveva raccogliere il 15% dei consensi, dopo che ha raggiunto il traguardo gli han chiesto di farlo in quattro sondaggi, dopo che lo fa in sei gli chiedono che siano “sondaggi certificati”. Insomma, gli hanno imposto un gioco dell’oca per tenerlo fuori. Perché?

Innanzitutto, la differenza tra Biden e Trump è minima: l’ultimo sondaggio li vede a 50-48 con leggero vantaggio per il Presidente in carica, ma lo scarto è stato ballerino per mesi e la presenza del terzo incomodo gli darebbe troppo potere. Kennedy Jnr. è reietto dal Deep State, dalla sua stessa famiglia reale americana, e sicuramente meno controllato dalle lobby rispetto ai suoi due concorrenti. Non portarlo al dibattito significa soffocarlo: la gente non lo vedrà più, gli sponsor diminuiranno, sarà costretto ad uscire di scena senza aver determinato il corso di questa elezione. Dispiace, perché dice le cose come stanno su molti temi, e proprio per questo motivo i media mainstream se lo vogliono togliere di torno il prima possibile. Le sue posizioni su Ucraina e Gaza sono eretiche per le lobby al comando.

Restiamo con un condannato per truffa contro un nonno sempre più incerto, praticamente il peggio che possa produrre un paese con 330 milioni di cittadini. Il primo è aggressivo, spara a palle incatenate contro tutto e tutti, mettendo in evidenza tutti i difetti di Biden ed il pericolo sempre più concreto di esser portati ad una terza guerra mondiale, di cui faremmo a meno. Il secondo varia da momenti di simpatica lucidità e tenerezza, ad altri di totale confusione su cosa dire e fare: buon viatico per lasciarlo altri quattro anni a capo delle forze armate del paese con migliaia di testate nucleari. Entrambe non sembrano proporre nessuna nuova iniziativa strategica: ritritano vecchi argomenti, spargendoci sopra badilate di intelligenza artificiale e protezione del paese, e credono di indorarci la pillola.

I nodi vengono al pettine: forse ricordate l’articolo sui diversi indici di occupazione e disoccupazione che usiamo in America. Ora emerge che l’amministrazione in carica ha giocato sporco su quei numeri: i giovani senza un primo impiego, gli adulti che faticano a trovare un altro lavoro, i pensionati che devono continuare a lavorare per stare a galla sono più del previsto. I sondaggi dicono anche che solo il 50% degli americani crede che Trump abbia le capacità mentali per rifare il presidente, 29% nel caso di Biden, e l’80% vorrebbe mettere un sacrosanto limite d’età a 65 anni. In pratica ci sentiamo presi in giro su lavoro, immigrazione illegale, continue crisi estere di cui poco ci tange, e ci rendiamo conto che i due duellanti andrebbero prontamente sostituiti con altri più giovani e con la zucca che gira.

Questo è il risultato delle lobby, del lasciare che poche persone ed organizzazioni estremamente ricche e potenti prendano in mano le redini di Washington. Sprechiamo mille miliardi in armi come nulla fosse, le mandiamo all’estero senza nemmeno dibattito pubblico, introduciamo al volo tagli fiscali per pochi amici, ma di fronte alla sola ipotesi di innalzare le paghe degli insegnati: “impossibile! servono anni di ricerca e decisioni, accantoniamo l’argomento”.

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Zafferano

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In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata