IL Digitale


Automazione della programmazione

Il digitale sembra offrire una carriera sicura, fatta di stipendi importanti e di molte possibilità di lavoro, ma è anche un settore in rapida trasformazione dove i lavoratori sono sparsi in tutto il mondo, in concorrenza tra loro. Chi si ritrova a classificare i dati lavora su piattaforme che pagano $5 all’ora, chi a scrivere codice con colleghi in altri fusi orari: l’ambiente è dinamico. Finora chi scriveva codice...

... non era minacciato dai robot, ma anche quest’ultima certezza svanisce. In una concorrenza globale in cui ora si aggiungono le macchine, il mestiere dello sviluppatore richiede apprendimento e lavoro continui.

Avevo già parlato di GPT-3, un robot che capisce bene il linguaggio naturale e prevede affidabilmente cosa scrivere per finire una frase. The Guardian l’aveva usato per scrivere un articolo in prima pagina, e nonostante i ritocchi finali in redazione, nessun lettore avrebbe potuto immaginare che quel testo venisse da una macchina. Molte testate usano questo programma, per scrivere pezzi di cronaca, economia e sport, mentre numero e stipendi dei giornalisti professionisti si assottigliano.

OpenAI, l’azienda di San Francisco che produce GPT-3, negli ultimi mesi ha fatto molta attenzione che il suo prodotto non venisse usato per pubblicare fake news in ambito media, ma ha aperto all’uso nello sviluppo software, ed ha fatto tombola. Quando guardiamo un programma informatico, sono poche le righe di codice veramente innovativo: la maggior parte sono copiate ed incollate da altri programmi dove hanno funzionato in precedenza. Questo spiega il successo di biblioteche come GitHub o BitBucket, dove gli sviluppatori possono mettere a disposizione i loro lavori ed in cambio utilizzare quanto fatto da altri. Così facendo si acquista in produttività e specialmente qualità del software, perché andando a riutilizzare qualcosa già ben testato e conosciuto mediamente si va sul sicuro.

GPT-3 entra in questo ambiente con la capacità di prevedere la cosa più logica da scrivere considerando le righe precedenti, e può andare a cercare paragrafi di codice nelle librerie suddette. Così facendo i primi sviluppatori che hanno adottato GPT-3 hanno ridotto del 50% le righe scritte da loro, lasciando fare il resto al robot. In questo istante sia Microsoft, sia MIT di Boston, stanno dando in pasto al robot miliardi di linee di codice errato, ed altri milioni infettati da vulnerabilità cyber. L’obiettivo è quello di completare l’allenamento di GPT-3 in modo che oltre a scrivere codice impari a farlo anche nel modo più efficace e sicuro fin da subito, quello che in gergo chiamiamo cybersecurity by design.

Anche le altre FAANG sono molto attente al tema, mirando al Sacro Graal del “no code programming” (poter creare un programma senza scriver codice). Quando si arrivasse a questo traguardo, un consumatore o un product manager aziendale potrebbero sviluppare un programma in piena autonomia, senza doversi confrontare con gli informatici. Per chi dubitasse che questo possa avvenire in tempi brevi, pensiamo che solo a febbraio GPT-3 non riusciva a distinguere i bachi, i difetti del codice (qui), mentre adesso l’affidabilità è notevole.

Questo non significa che studiare informatica, ingegneria o matematica porti alla disoccupazione, al contrario. Ma le nuove generazioni non possono più pensare di isolarsi dietro ad uno schermo e produrre software per il capo o committente. Da un lato bisogna concentrarsi sulla produttività ed affidabilità del codice che si produce, ma specialmente sul valore che quello dà ai prodotti e servizi dell’azienda per cui si lavora. A breve la distinzione che abbiamo sentito in azienda per anni, tra chi fa business e chi fa IT, viene a svanire. Per chi viene dal background tecnologico è meglio capire bene cosa fa vincere la propria azienda, più che il codice che può esser scritto da macchine.


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