... del tutto evanescente. Quando pensi di avere in mano la soluzione, ti sfugge di nuovo. Ma questo non scoraggia la pletora dei nuovi art advisor che si improvvisano conoscitori d’arte dopo aver seguito qualche corso e che sciorinano nomi per sentito dire, con l’intento di convincere qualche cliente con le tasche piene. Intendiamoci, non sono tutti così. In generale però non hanno nessuna memoria, nessuna storia, nessuna esigenza di conoscere gli artisti, solo quella di un girare qua e là, tra gallerie, fiere (quando c’erano) e aste, incamerando informazioni e gossip.
Un tempo si chiamavano PR, e siam già nell’inglesismo: con la lista in tasca dei loro collezionisti ++, sbarcavano alle inaugurazioni circondati dai loro followers ante litteram. Le gallerie, a tutt'oggi, non approvano simili passerelle (anche metaforiche), ma neppure disapprovano, non sia mai che da uno di questi faccendieri dell’arte arrivi una vendita. A me ricordano le locuste delle piaghe d’Egitto. Tutto questo perché la maggior parte dei critici ha abiurato il suo ruolo, franando a meri organizzatori d'eventi, al cui top, invece che la dura battaglia per il sapere critico, ci sono le fiere. Università e istituzioni culturali hanno la loro responsabilità, perché i cosiddetti Master li creano loro, dando qualche infarinatura di diritto in campo artistico, valutazione di opere in asta, norme sul commercio internazionale, Iva agevolata e numeri, numeri, numeri…
Parliamo d'arte o di mercato? Le due cose dovrebbero restare separate, per incontrarsi meglio. Purtroppo le nuove generazioni di artisti hanno un atteggiamento “specialistico”, nel senso che invece di allargare le conoscenze e sperimentare, perché giovani, si specializzano subito in un genere e da lì non si muovono, dando per scontata l’equivalenza arte-mercato, che di generi è ghiotto (perché più facili da catalogare). I giovani artisti non si ribellano più. Sono tutti carini e magrolini (sembrano usciti da una rivista di moda), si mettono in posa per le foto su Instagram e la loro arte è un perfetto mix di cose buone e giuste, un po’ belle ma anche un po’ brutte (sennò dov’è la "denuncia"), passano da una residenza artistica all’altra, sono sempre eco, green e liberal. Al pari dei loro colleghi advisor: zero memoria storica, zero passione. Ecco l’epoca degli esperti.