Vita d'artista


Speed

In questa estate un po’ tribolata, grazie  all’ottima biografia di Luca Ronchi edita da Johan & Levi e ai suoi ultimi quadri ammirati alle Gallerie d’Italia a Milano, ho potuto riflettere sulla figura di Mario Schifano. La biografia è un racconto a più voci, testimonianze di chi lo ha conosciuto da vicino: l’autore costruisce la narrazione come fosse un...

...documentario in parole. Le pagine sono dense di aneddoti e particolari sulla vita di Schifano, sugli artisti e galleristi che ha frequentato, sui suoi viaggi americani.

E su certe attese che Schifano ebbe a sopportare. Il gran successo internazionale che a suo tempo meritava, tardava infatti ad arrivare  a causa del suo rifiuto di accontentare la celebre gallerista newyorkese Ileana Sonnabend, moglie di Leo Castelli, la cui galleria decretava a quell'epoca il successo della Pop Art. Pur soggiornando di frequente negli Stati Uniti, dopo il suo rifiuto di produrre in serie i “Monocromi”, venne  messo un po' ai margini. 

Interessante nel libro la descrizione dei primi anni Sessanta in America, dove Schifano inviso dai potenti dell’arte si fa un unico amico, il poeta Frank O’Hara, che lo inserisce nell’ambiente letterario e musicale. Leggendo le varie testimonianze, hanno catturato la mia attenzione quella della sua compagna, Anita Pallenberg, e del suo assistente, Roberto Ortensi, riguardanti entrambe la nuova moda delle iniezioni del Doctor Bishop, da cui tutti volevano andare, compreso Kennedy, con relativo via vai di limousine davanti allo studio medico.

Roberto Ortensi : “Un giorno Mario mi parlò di questa cosa orribile delle iniezioni, degli acid doctors, si chiamavano così … Erano dottori che ti facevano iniezioni di vitamine mescolate a metedrina, speed… Veri dottori, con studi eleganti, infermiere, sale d’aspetto, tutto. Erano assolutamente in buona fede e pensavano di aver trovato una cura rivoluzionaria per salvare il mondo. Le iniezioni costavano care, venticinque dollari, non erano a buon mercato, ma dopo potevi affrontare qualsiasi cosa, potevi scrivere un romanzo in una notte, potevi divertirti, non dormire mai. Se prendevi speed potevi dormire una o due volte al mese. Allora nessuno sapeva molto sulle anfetamine. Sembrava la terapia del futuro”.

Leggendo queste parole, come non fare dei paragoni con l’oggi? La medicina ha sempre inseguito nuove cure per cercare di dare sollievo alle umane sofferenze, talvolta sbagliando.

Purtroppo Schifano, pur nel suo eccezionale temperamento artistico, pur nel suo genio, venne poi risucchiato dall’eroina, finì più volte in prigione e infine morì a 63 anni. Una vita grande e produttiva e al tempo stesso tragica e unica. Potete vedere una sua breve intervista qui.


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