IL Cameo


Dopo la disfatta di Kabul tornerà prepotente il tema "lavoro e immigrazione"

Nessun stupore sui comportamenti a Kabul di Joe Biden. Con lui si chiude un ciclo trentennale di compagni di merende iniziato con Bill Clinton, seguito dal rep George W. Bush, dal dem Barack Obama (il ballista dell’Afghanistan nation building), arrivando al rep Donald Trump (i suoi fan se ne facciano una ragione, The Donald è stato, ed è, esattamente uguale agli altri, essendo identica l’etnia socio culturale da cui tutti e cinque provengono). In trent’anni di follie politiche hanno distrutto... 

... la credibilità dell’Impero americano, spaccato l’America in due, quella continentale e quella delle città costiere, due mondi che si parlano sempre meno e non si riconoscono più.

In fondo sono tutti dem liberal o rep della casta, l’accoppiata di vertice dem-rep che paventava l’amico Angelo Codevilla (leggere “Classe Dominante”) che hanno fatto la scelta sciagurata di un’America fondata esclusivamente sul “contratto sociale”. Una Confederazione configurabile come una Holding di partecipazioni di gruppi etnici, razziali, culturali, politici, che in comune hanno ormai solo la residenza fisica sullo stesso territorio. I risultati di questa sciagurata politica liberal è lo scontro continuo fra minoranze e gruppi sociali: Me too, Black Lives Matter, Lgbt, i trumpiani di Capitol Hill, quindi i sottoprodotti criminali creati dalla Cancel Culture & Woke Culture.

Dopo la disfatta di Kabul, è possibile che il popolo americano decida di tornare all’antico: basta guerre fuori dai confini, mai più esportare merci rare come democrazia e libertà, armati fino ai denti, ma guardando da lontano il resto del mondo. Se così sarà, l’ombrello americano su Taiwan verrà presto chiuso, resterà su Israele? Alla luce di questo assunto, mi chiedo:

Ci stiamo accorgendo in quale cul de sac le nostre classi dominanti ci stanno infilando?

Possibile non capire che è inaccettabile vivere con la prospettiva di diventare amazonizzati e di finire un giorno sul divano di cittadinanza trasformati in computer zombie?

O dover esultare vedendo i nostri giovani, specie i figli delle ZTL, passare da ignobili rave party a distruggere le statue dei Padri della Patria in nome di presunti reati compiuti secoli fa? O addirittura inginocchiarsi?

Possibile non accorgersi della povertà di valori e di fini nel quale stiamo precipitando?

Come dice l’amico don Umberto la morte dell’Occidente non la procureranno certo i taleban, ma la nostra indifferenza e l’incoscienza di poter vivere e prosperare in assenza di grandi ideali. E aggiungo io, senza rimettere al centro della vita la persona umana, il lavoratore, con i suoi sogni e i suoi ideali (ascensore sociale in primis) non un “consumatore” rimbambito dalla pubblicità digitale.

La prossima partita in Europa si giocherà sul binomio “lavoro-immigrazione”, non nelle modalità miserabili adottate dai nostrani Sinistri e Destri. Il tema è ben più complesso. In tutta Europa l’atmosfera dei popoli sta cambiando, si percepisce una crescente diffidenza verso i migranti, al contempo un’ostilità dichiarata verso i musulmani. Anni fa emerse un gigantesco disprezzo delle élite verso Viktor Orban che metteva il filo spinato per non permettere l’ingresso in Ungheria dei siriani, mentre, nel silenzio complice, la Germania pagava cifre oscene a un dittatore per i campi di concentramento turchi aventi lo stesso scopo. E oggi? La Grecia alza un muro lungo 40 km anti afgani, e tutti zitti.

E’ quindi il caso di rileggersi, con umiltà, Samuel P. Huntington, lo studioso che ci ha spiegato bene le differenze tra tipi di migranti. Gli inglesi che emigrarono in America non erano “migranti” ma “coloni”, cioè creatori di una nuova società, e non ospiti di un’altra. Che tipo di immigrazione vogliamo o possiamo accettare? Che tipo di società, che tipi di lavoratori vogliamo essere? Huntington ci ha ammonito di “non farci trascinare dall’oscena ideologia liberal di accettare logiche sociali, non volte alla grandezza individuale, ma al lassismo spirituale e lavorativo” dei radical chic.

Caro Presidente Draghi, il mix lavoro-immigrazione (con la pandemia sullo sfondo, destinata però a perdurare) può diventare un innesco micidiale di rivolta sociale. Solo lei lo può governare, abbiamo un disperato bisogno di un “Piano B”. Ormai è chiaro: con il “Piano A” dei “Sinistri-Destri” attuali non si va da nessuna parte, si difende solo l’indifendibile.

Prosit!

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