Musica in parole


Essere musiciste a Kabul

Zohra, protettrice della musica negli antichi scritti persiani, è il nome dell’orchestra di sole musiciste diventata fiore all’occhiello dell’Afghanistan National Institute of Music, fondato a Kabul nel 2010 da Ahmad Sarmast. Il musicologo afgano-australiano, esperto di educazione musicale, fu ferito gravemente in un attentato suicida di matrice talebana durante un concerto dei suoi studenti a Kabul nel...

... 2014, senza però che tramontasse il suo ambizioso progetto di dare pari opportunità di istruzione a giovani di etnie, origini e generi diversi, così come agli orfani e ai bimbi di strada, scoprendo talenti, insegnando musica classica occidentale e facendo rivivere la musica afgana.

Infatti nel 2015 ha fondato la Zohra Orchestra, l’ensemble tutto al femminile che grazie al sostegno internazionale di cui ha finora goduto, ha potuto crescere e suonare in molte sale da concerto nel mondo.

Nonostante le tournée internazionali, essere donne e fare musica nel Paese asiatico non è mai stato facile. La diciottenne violinista Sunbul è sempre tornata al villaggio della famiglia nascosta dal burqa per evitare rappresaglie, visto che il padre era stato più volte minacciato proprio perché lei studiava musica. Soltanto un mese fa, al giornalista del Los Angeles Times che le chiedeva cosa sarebbe successo se i talebani avessero ripreso il controllo di Kabul, la ragazza rispondeva: “Non riesco nemmeno a immaginare. Sarà davvero difficile per me, dovrei andarmene. La musica è il mio sogno”.

Stesso sogno per Muram Abdullah, appena diplomata e prima pianista professionista afgana così come per Negin Khpalwak, 24 anni, direttrice e veterana del gruppo: minacciata di morte, ha trovato sostegno solo nel padre mentre il resto della famiglia l’ha ripudiata.

Ora il futuro - non solo musicale - di queste ragazze e le loro compagne è fortemente a rischio; le notizie in arrivo dall’Afghanistan sono via via più drammatiche. È della settimana scorsa l’appello di Ahmad Sarmast lanciato dall’Australia e pubblicato sul Wall Street Journal, in cui chiede alla comunità internazionale di lavorare affinché la Scuola di Kabul e i musicisti afgani vedano i loro diritti musicali rispettati. Un appello a cui è impossibile non aderire ma i timori sono molto forti e il musicologo li ha espressi anche dalle pagine del Guardian: “Data la visibilità della mia scuola, nessuno è davvero al sicuro. Non ho idea se i talebani ci faranno proseguire l’attività, mi sembra poco probabile come ipotesi. Ora, quello che mi preoccupa di più è la sicurezza dei miei studenti e soprattutto, il futuro che li aspetta”.

Eccoli, i suoi studenti: con il brano “I Am a Girl” nel 2016 avevano partecipato all’International Day of the Girl Child (istituito dalle Nazioni Unite nel 2012). Guardateli in questo video, sono bravi e radiosi.

La Zohra Orchestra, in concerto a Davos con gli studenti del Collège di Ginevra, aveva proposto al pubblico del World Economic Forum un arrangiamento dell’Inno alla Gioia il cui organico prevedeva strumenti della tradizione afgana. Così le ragazze dell’Afghanistan han fatto ascoltare al mondo Beethoven eseguito su rubab, sitar, tamburi tabla (qui il video).

Era il 2017 e si poteva essere musiciste a Kabul. Un tempo che ora pare molto lontano ma Sarmast insiste: “Non si può pensare a una società senza musica, non so come riuscirebbe a sopravvivere. Le note devono continuare a colmare i cuori della gente”.


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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro