... Carlos D’Ercole in “Vita sconnessa di Enzo Cucchi” (Quodlibet), e vengono citate all’interno di un’intervista a Emilio Mazzoli, storico gallerista modenese, che contribuì fortemente al successo della Transavanguardia. Testori scrisse anche sornione “Cucchi, non mi incucchi” alla Biennale del 1980 dove grazie al genio e alla penna di Achille Bonito Oliva, venne presentato per la prima volta il gruppo della Transavanguardia, costituito da Enzo Cucchi, Sandro Chia, Francesco Clemente, Mimmo Paladino e Nicola De Maria. Gli accenti di ABO erano forse un po’ sopra le righe ma il suo tentativo di uscire dalla stagione del modernismo, e “dalla prigione di una concezione teleologica della Storia in quanto progresso della ragione”, era sincero.
L’intenzione era reagire e superare un certo clima astratto e concettuale delle neoavanguardie, per intendersi l’Arte Povera, che aveva ridotto un po’ tutto ai minimi termini, e ritornare alla gioia di dipingere, alle tecniche pittoriche tradizionali attraverso una certa figurazione, a tratti espressionista, che intendeva recuperare alcuni motivi del passato e le sue radici culturali e antropologiche. Di fatto anche in Germania i “Nuovi Selvaggi” e in America Julian Schnabel, David Salle e altri, ruotavano attorno a questi temi, al ritorno della pittura, e lo sbarco dei cinque artisti a New York fu forse l’ultimo evento artistico di stampo italiano che abbia avuto una grande notorietà e successo anche all’estero. In realtà la pittura non se ne era mai andata e lo testimoniano le sberle di quadri di Mario Schifano presenti a “Painting is back”, la mostra alle Gallerie d’Italia a Milano, proprio su quel periodo, mostra che ho visitato di recente e dove ho acquistato il libro citato.
La mostra appare un po’ fuori fuoco per la verità, non si capisce bene se voglia parlare degli anni Ottanta in generale o ricostruire il clima artistico italiano intorno al suo aspetto più noto, cioè la Transavanguardia, che però a mio parere è mal rappresentata: le opere sono modeste e anche nel percorso della mostra il gruppo non è proposto in modo compatto ma disunito, spalmato in mezzo ad altri artisti, che non vi hanno mai aderito. Di certo “Gaston a cavallo” di Mario Schifano, una tela imponente quasi all’uscita, mi ha dato una vera contentezza, e tante belle opere degli artisti citati, se non le vedo oggi, le ho viste in passato. Alla fine mi pare una di quelle mostre un po’ di recupero, si tira su pezzi dalla collezione Intesa o dai vicini e si viaggia al risparmio, ahimè una mostra figlia dei tempi incerti in cui viviamo.