... verdure, è di certo una storia complessa e affascinante, come svela nel suo interessante libro “La favolosa storia delle verdure” la filosofa Evelyne Bloch-Dano. Quasi nessun frutto o verdura è rimasto come era alla sua origine o nel suo luogo d’origine, e si può dire che senza l’intervento dell’uomo, non avremmo quella ricchezza e varietà di prodotti che abbiamo oggi sulle nostre tavole.
Lo raccontano anche molte opere d’arte in cui le mele sono protagoniste. A partire dall’antichità, con gli affreschi romani, in cui una natura morta dipinta accoglieva gli ospiti nelle loro stanze, fino a tutte le infinite variazioni sul tema del peccato originale, come quelle di Albrecht Durer o di Lucas Cranach, sublimi e ieratiche, o di Tiziano e di Rubens ( entrambe al Prado di Madrid) in cui si vede un Adamo in tensione, seduto sul lato sinistro dell’albero, che posa la mano sul petto di Eva per fermarla mentre accetta il frutto proibito da un serpente, in forma di bambino. I loro corpi sono realistici, l’atmosfera è pervasa da inquietudine e sensualità, il frutto è al centro della composizione. Ma di certo è nella “Canestra di frutta” di Caravaggio (Pinacoteca Ambrosiana), che si vedono le mele protagoniste indiscusse di uno dei massimi capolavori dell’artista. Quando mi ritrovo davanti a quell’opera, così asciutta e dolente, che ci dichiara in silenzio la vanità del mondo, io mi commuovo sempre.
Le mele diventano un oggetto di osservazione privilegiato anche per Cezanne, che le dipinge costantemente e su cui delinea la sua poetica, e lo stesso vale per Courbet, i cui frutti rossi come il fuoco sono tratteggiati con una pennellata veloce, spezzata, moderna, come del resto in Monet, Renoir o Bonnard.
Ma anche nella contemporaneità le mele continuano a destare curiosità e attenzione: ad esempio per l’artista Sam Taylor-Wood, nel cui video vengono stigmatizzate le fasi della decomposizione dei frutti, o per Michelangelo Pistoletto con la sua Mela Reintegrata, perché “il simbolo della mela attraversa tutta la Storia che abbiamo alle spalle, partendo dal morso, che rappresenta il distacco del genere umano dalla Natura e l’origine del mondo artificiale.“ Lo stesso simbolo, più grafico, è presente sui nostri telefonini o pc, IPhone o Mac della grande azienda Apple.
Insomma, una storia un po’ più complessa e variegata da quella presentata dall’autore dell’articolo, tipico esponente di certa cancel culture così mediocremente radicale.