... il nostro Zafferano.news. Il libro Social è responsabilità è un inno al realismo e al buon senso nella comunicazione social, a partire da un’informatissima rassegna stampa sulla vicenda del bando social dell’ex-presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
Rispetto ai vari problemi posti dall’alternativa tra controllo delle notizie e limitazione della libertà di espressione, Palmieri propone una soluzione duplice. Da un lato, considerare le piattaforme come “ibridi” tra pubblico e privato e, in forza di questa ibridazione, stabilire nuove regole, assumendo da subito alcuni protocolli, tra cui quello già approvato dal Parlamento europeo. Dall’altro, Palmieri richiama la responsabilità personale, basata sul realismo che considera la rivoluzione digitale come inevitabile, la presenza sui social come necessaria e l’uso del buon senso come auspicabile nel darsi qualche regola (e darne, soprattutto ai giovani), nel non aver l’ansia di essere su tutti i mezzi (un social a testa è più che sufficiente) e nel consigliare di non dire sempre qualcosa su tutto (il silenzio è d’oro).
Il libro vale la pena ed è comprensibile per tutti, anche non specialisti. Si legge con gusto e velocemente, riempiendo di equilibrio e buon senso un paio di ore di informazione necessaria per capire quanto accade in uno dei mondi della comunicazione. Il plus è la comprensione della rivoluzione documediale in corso, l’ottima idea della natura ibrida delle piattaforme – alla quale andrebbe aggiunta una legislazione condivisa e a livello mondiale che sancisse tale natura, altrimenti i protocolli sui comportamenti saranno sempre inefficaci – e la mancanza di estremismi di entusiasmo o depressione nel riconoscerne l’importanza e nel limitarne l’arroganza. Chiaro anche il giudizio negativo sul bando a Trump e coraggiosa la proposta di uno status speciale per i politici sui social, al fine di non limitare espressione e democrazia.
Il minus è che il buon senso e il realismo della responsabilità di imprese e persone sono un po’ deboli, se non assumono la convinzione che la rivoluzione in atto cambia anche il nostro modo di conoscere. Su questo tema Palmieri rimane un po’ incerto tra l’antico realismo che dice che la comunicazione è una sovrastruttura e il costruttivismo che dice che non c’è demarcazione fra reale e virtuale e, anzi, che il virtuale è reale. Una comprensione profonda del fenomeno ci farebbe capire che occorre un realismo nuovo, che preveda insieme la fedeltà al dato e la capacità costruttiva. Senza un cambiamento di mentalità che riconosca i social e il mondo documediale come realtà di questo tipo, si resterà sempre incerti tra scientismo ottimista e anti-tecnologismo catastrofista, che non a caso Social è responsabilità vorrebbe evitare. Del resto, abbiamo visto entrambi gli estremismi all’opera nell’era covid-19 e non è stato un successo.