IL Digitale


Suono e musica per il cervello

Quanti tra voi preferiscono ascoltare musica mentre guidano, leggono o scrivono? Quante volte abbiamo detto ai nostri figli di abbassare lo stereo mentre fanno i compiti, in modo da concentrarsi meglio? Come si comporta il cervello quando, oltre a manovrare occhi e muscoli per scrivere sul computer, deve anche processare i suoni che gli arrivano dalle orecchie? Nello scorso numero abbiamo visto l’importanza delle tecnologie digitali, della miniaturizzazione dell’elettronica e...

... dell’analisi dei segnali in tempo reale per capire e se necessario correggere il funzionamento del nostro cervello. Qui entriamo nel dettaglio di come i suoni e la musica aiutano la nostra materia grigia.

Con “carico cognitivo” si intende lo sforzo che il nostro cervello deve fare per processare uno stimolo. Se navigando il traffico caotico accelerando per arrivare in tempo, riceviamo anche una difficile chiamata dall’ufficio, le nostre capacità di guida diminuiscono fino a rischiare il botto. Allo stesso modo, se proviamo a studiare e contemporaneamente seguire un film, ci troveremo sicuramente a rileggere per memorizzare correttamente. La letteratura scientifica è ricca di studi sul campo, qui per approfondimenti  ma il suono non sempre distrae, al contrario è spesso un aiuto. Tutti i suoni che la nostra corteccia pre-frontale ha già imparato, come melodie e canzoni, non distraggono ma facilitano i nostri processi mentali: solo quelli che sentiamo per la prima volta disturbano, perché sono carico cognitivo nuovo, da processare. Al contrario quelli conosciuti fanno piacere alla nostra materia grigia, che riesce a prevedere le prossime note e melodie, e così facendo ci rilassa e ci concentra su quanto stiamo facendo. Raccomando questo articolo e specialmente il lavoro di Aniruddh Patel con il suo “Music, Language and the Brain” (Oxford University Press) per maggiori spiegazioni sulla ragione per cui melodie e suoni conosciuti ci aiutano a concentrare: la teoria dell’aspettativa (expectancy theory).

Come si conviene ad ogni curioso, ho testato questi studi su di me. Periodicamente devo ri-certificarmi su tutta una serie di insegnamenti e, pur essendo cose conosciute, sono costretto a rivedere tutte le pagine, ascoltare tutti gli audio, rifare tutti i quiz: noia infinita. Quest’anno ho deciso di seguire il corso al doppio della velocità, ovvero ascoltare l’audio e vedere il video molto rapidamente. Sorpresa: mi sono concentrato molto meglio, isolandomi da ogni distrazione e facendo veramente attenzione. Ho notato che gli occhi possono leggere ancora più velocemente, almeno quattro volte più rapidamente. E la cosa migliore è che queste ripetizioni non mi hanno stressato minimamente, anzi son stato felice dell’esperienza fatta. Non è sorpresa Valeria De Bernardi, che conosce bene il fenomeno e mi ricorda come nel corso del tempo gli sceneggiati TV siano ripresi a ritmi sempre più incalzanti per tenerci incollati allo schermo, altrimenti ci distraiamo e perdiamo il filo.

Recentemente ho visto il caso di un ufficio di analisti aggiungere la musica di sottofondo per migliorare performance e benessere della squadra. A terminale questi ragazzi ricevono una miriade di segnali sul funzionamento di sistemi informativi, ed hanno il compito di individuare quali segnali possano indicare l’insorgere di problemi. Scenari simili sono comuni in molti settori, da quello finanziario, alla cybersecurity, alle telecomunicazioni, al controllo aereo. Come fare in modo che a fine giornata i lavoratori non siano cotti, e specialmente nel medio periodo non vadano in burnout? Di più, come fare in modo che riescano a processare sempre più informazioni, in modo efficace? Dopo che hai messo una parete di monitor con lucette di tutti i colori, cosa fare? Sorpresa: se metti in sottofondo il suono naturale della pioggia, del mare, o una sinfonia, non solo la persona lavora meglio e si rilassa, ma può anche associare lo specifico suono ad un allarme che altrimenti avrebbe dovuto proiettargli sullo schermo, aggiungendogli carico cognitivo. In pratica possiamo usare il canale visivo e quello uditivo in modo indipendente l’uno dall’altro, ed il cervello processa correttamente e con più facilità. Significa aprire due strade: dai sistemi sensoriali che partono da occhi ed orecchie alla corteccia prefrontale, usando due corsie separate il traffico rallenta e le sinapsi funzionano meglio.

Pensate alle mucche da latte che da anni producono molto di più se ascoltano Mozart: paura? Ricordiamo che Leonard Bernstein, il famoso conduttore, nella sua ultima lezione ad Harvard diede il LA alla ricerca comparativa tra sintassi musicale e linguistica, avendo riconosciuto prima di tutti similitudini e differenze che abbiamo verificato solo di recente con esami medici e sviluppo dell’intelligenza artificiale. Capire come il cervello processa suono e musica è un passo fondamentale per lo sviluppo della nuova generazione di ranocchi informatici: se riusciamo a riprodurre le due strade che nel nostro cervello ottimizzano il flusso di dati cognitivi ed emozionali per massimizzare la comprensione, facciamo un passo avanti con l’intelligenza artificiale e la sua capacità di aiutarci.

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro