I dispositivi di protezione personale hanno forme e colori diversi, ma tutte operano sulle facce e sulle mani una trasformazione estetica bestiale. Come nell’immortale pièce di Eugène Ionesco sugli esseri umani che diventano rinoceronti, a seconda del tipo di mascherine le fattezze umane si trasformano.
Ci sono i tipi di mascherina con protuberanza che fanno diventare gli esseri umani uccelli esotici dal becco un po’ trapeziodale. Il fatto che adesso le mascherine abbiano colore diverso, inoltre, accentua l’esotico, senza togliere il piumaggio. I tipi con valvola, ormai celebri e discussi, e quelli ovali stretti porcinizzano: grugni da maiali intorno a noi ci fissano, come nella tremenda e geniale fattoria degli animali orwelliana. Poi ci sono quelle chirurgiche, che appiattiscono il volto, come bulldog con museruola. Non abbiamo mai morso, però, se non con la parola.
Non hanno sorte migliore i guanti: quelli gialli di Topolina con le sue famiglie di topi, topini, topastri; quelli blu da puffi, indecisa specie tra essere bambino e fungo velenoso; quelli dei supermercati, bianchi e spettrali, come meduse al sole.
La natura ha ripreso i suoi spazi, dice il nuovo luogo comune. Forse troppo, direi io, che non riesco a rassegnarmi, perché l’umano è negli occhi ma anche nel sorriso.