Bruxelles


I garbati rebbi d'Europa

Ciò che mi annoia di più nel mestiere di lobbista è la prevedibilità delle istituzioni e delle procedure europee. Una liturgia che, al confronto, le tre religioni monoteiste si ammantano di pallore. Ovviamente esagero, ma solo sulle religioni.

Ciò premesso, ecco una nuova puntata della piccola serie sul cibo del futuro prossimo iniziata l’11 maggio 2019 con un mio pezzo in cui citavo l’osservazione di un influencer legislativo che pronosticava la tassazione della carne rossa, proseguita lo scorso 7 dicembre con il racconto della lobby delle carni false, faux-meat, e dal loro sostegno verso direttive che avvantaggiassero prodotti somiglianti, ma a base di proteine vegetali. Tutto previsto, appunto.

Eccoci; a metà aprile cominciano a circolare con maggiore intensità bozze fra loro contraddittorie circa il quadro complessivo della strategia farm-to-fork, dalla fattoria alla forchetta, che stava nei programmi di Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione von der Leyen. Sono libere interpretazioni che anche noi professionisti più di talvolta mettiamo in circolazione per confondere le acque. Una parte di verità, una di verosimiglianza, una di proiezioni di desideri e una di assoluta fantasia. Pratica puzzolente, ma utile per sviare, depistatre, pasturare la Commissione in attesa che qualcuno abbocchi con una versione più vicina al vero. Tutte le versioni puntavano comunque in una unica direzione ridurre l’importanza delle carni rosse e ridurre il peso di chi rappresenta allevatori, macellai, insaccatori e l’intera filiera.

Un sito fra i più frequentati ammette con candore: "Una bozza della strategia farm-to-fork specificava che la Commissione avrebbe proposto di 'smettere di stimolare la produzione o il consumo di carne', ma la frase a quanto pare non è sopravvissuta fino alla versione finale". Così come un riferimento a incoraggiare le persone a consumare "meno carne", visto in una bozza probabilmente non troppo manipolata, ma in una fase decisamente iniziale della strategia, è stato perfezionato in: "meno carne rossa e trasformata" – ah.... gli allevatori di pollame, tacchini conigli, agnelli, capretti... Controversie per i suini, che rientrerebbero in gran parte nella categoria "troppo manipolata" di cui sopra e sui vitelli. Questi vanno comunque allevati con grave nocumento all’impronta ecologica del comparto, come ho avuto occasione di leggere.

Per me, che mi occupo di energia, l’unico punto di interesse in tutta la vicenda, è il biogas che si può ottenere dall’allevamento e la produzione di energia alternativa. E dalle sperimentazioni per la cattura del metano prodotto dagli animali e il suo uso. Mi preoccupo un po’ di più quando il riferimento a una dieta meno carnivora rimane "un elemento chiave della farm-to-fork come parte degli sforzi per ridurre non solo i rischi di malattie potenzialmente letali, ma anche l'impatto ambientale del sistema alimentare" come ha riferito Euractiv.

A saper leggere il documento uscito il 20 maggio, ci sarebbe da rilevare che la reiterazione sulle proteine alternative che vanno a comporre le finte carni, e "la forte enfasi su alimenti e mangimi alternativi" aprono alla conclusione logica che: "la ricerca si concentrerà su aumentare la disponibilità e la fonte di proteine come quelle​​ vegetali, microbiche, marine e basate su insetti e sostituti della carne". Naturalmente, il tutto allevato entro i confini europei scoraggiando quindi "l’uso della soia coltivata su terreni disboscati".

Quando ho cominciato a fare il cronista di "nera" in un quotidiano che si arrabattava per sopravvivere in una Milano allora ricca di fogli del mattino, del pomeriggio e della sera, di un Montanelli che stampava il Giornale nella nostra stessa tipografia e di una Repubblica allora nascente nel palazzo di fronte, il mio capocronista, ex-partigiano e marito di partigiana gloriosa, con un occhio offeso, e un nome che solo a pronunciarlo evocava giacche di fustagno e arma imbracciata, mi impartì una lezione: "I giornali, giovane, si leggono distesi, aperti per vedere le pagine pari e dispari che si fronteggiano. Solo così capisci l’importanza che si vuole dare ai testi, alle foto, e perché le notizie stanno vicine in quell’ordine; e vedi subito se qualcuno ha secondi scopi".

Sul web è uguale. I link, la successione e la qualità degli approfondimenti offerti sono i placidi strumenti del subliminale. Accanto alla strada che dalla fattoria conduce alla forchetta, si leggono rimandi alle opportunità offerte da grilli e lombrichi e producono molte più proteine nobili ed edibili delle carni tradizionali. Arriverà la direttiva del grillo essiccato; con un emendamento cavallette che finalmente consentirà al genere umano di vendicarsi, nella catena alimentare, del flagello biblico che queste inflissero all’Egitto (Esodo,10; 1-20). L’immagine è di due hamburger vegetali con corredo di ceci e rucola, senza salse, senza cheddar fuso e senza quel bagliore che la materia grassa assegna alla carne grigliata. In compenso i bagliori si trovano nelle bistecche di foto su un nastro trasportatore del reparto confezionamento di una macelleria industriale, usata per raccontare i rischi di contagio che si possono sviluppare in lavorazioni delicate. Credo per "coincidenza", il titolo urla: L’epidemia mette in luce i pericoli della settore carne in Europa.  No. In questo pezzo non sono obiettivo; ma il vecchio capocronista partigiano, un po’ settario ma genuino, nel suo insegnamento aveva ragione.

La comunicazione, che fa parte dell’ambizioso New Deal verde della Commissione e che è a sua volta zeppo di cose pregevoli e interessanti, ha suscitato "ammirazione e plauso da parte di tutte le organizzazioni che si occupano di alimentazione sicura e agricoltura alternativa" e avviato un percorso lungo che porterà, nel 2023, alla proposta di un quadro legislativo per i sistemi alimentari sostenibili. Entro la fine dell’anno prossimo arriverà lo sviluppo di un piano europeo per garantire l'approvvigionamento e la sicurezza alimentare nello spauracchio di un’altra pandemia. Il percorso è fatto da tappe intermedie per assicurare una produzione alimentare sostenibile e incoraggiare una dieta più salutare. Le comunicazioni, linee guida, forse regolamenti o altri sarchiaponi legislativi compresi qui, sono 27. Escludo di raccontarveli tutti, ma il senso delle prossime puntate della vicenda lo avete colto. Anch’io.

Quando, forse, si riprenderà a viaggiare tornerò per qualche conferenza alla Scuola di Regolazione dell’Energia di Firenze. Insieme con il biglietto aereo e l’albergo che mi ha ospitato per anni, prenoterò come sempre un tavolo da Latini. Se nel frattempo non avrà chiuso e svenduto le dozzine di prosciutti appesi alle sue volte, coinvolgerò qualche amico e ci gusteremo crostini, una bistecca alta quattro dita, come raccomanda l’Editore Ruggeri, fagioli all’olio, cantucci e vin santo. Useremo arnesi adatti a infilzare con appuntiti rebbi la polpa vanamente resistente della carne – e saranno forchette vere, un po’ cafone: non da dessert come quelle che si profilano, esili e garbate, nel futuro.
____________________
Qui trovate il testo della Farm to Fork Strategy for a fair, healthy and environmentally-friendly food system. 

© Riproduzione riservata.
Zafferano

Zafferano è un settimanale on line.

Se ti abboni ogni sabato riceverai Zafferano via mail.
L'abbonamento è gratuito (e lo sarà sempre).

In questo numero hanno scritto:

Giordano Alborghetti (Bergamo): curioso del software libero, musicofilo, amante del mare
Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Tommy Cappellini (Lugano): lavora nella “cultura”, soffre di acufene, ama la foresta russa
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Giovanni Maddalena (Termoli): filosofo del pragmatismo, della comunicazioni, delle libertà. E, ovviamente, granata
Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro