Perché mi interessa il gioco? Perché è bello e divertente, innanzi tutto. Ma c’è anche un altro motivo, di carattere scientifico. Normalmente, la comunicazione – tanto più in campo culturale – è stata spesso concepita come ciò che si aggiunge ai contenuti. Una spruzzata di comunicazione, che si può ovviamente fare senza studiare, basterà per rendere simpatici e attraenti contenuti seri e, dunque, per definizione “pesanti”.
Per fortuna le cose non stanno così. Gli studi di comunicazione più avanzati fanno vedere che la comunicazione è parente della logica più che della moda (absit iniuria verbis!). Comunicare vuol dire essere capaci di sintesi, cioè di azioni che fanno conoscere di più un oggetto. La sintesi non è il contrario dell’analisi, ma è un altro modo di ragionare: attraverso azioni significative e non attraverso scomposizioni concettuali.
Per quanto sia incredibile, questo è anche ciò che dice la filosofia della matematica contemporanea, che chiama "gesti" queste azioni significative. Non c’è solo matematica. Sono "gesti" i riti pubblici e privati, gli esperimenti scientifici, le performance artistiche. Dal web 2.0 in avanti, il digitale favorisce questo tipo di sintesi, che ha regole molto precise e molto complesse, e che funziona bene quando l’oggetto da comunicare è di valore, come i musei. Il risultato, però, deve essere semplice. I beni culturali sono e devono essere difficili e "pesanti" solo in chiave analitica. In chiave sintetica, devono essere affascinanti e divertenti.
Fine dell’analisi della sintesi e inizio del gioco, ringraziando l’impresa di prodotti digitali per beni culturali Heritage Srl per avermi fatto collaborare allo storytelling e per permettermi esperimenti culturali all’avanguardia.
Buon divertimento con "Save the culture"!