Musica in parole


La musica c’entra sempre

“Cercate di immaginare l'Italia senza la parola arte o la Russia senza le parole musica e letteratura”, così dice Aleksandr Sokurov. È il suo mese, qui a Torino, poiché il nome del regista russo figura nei programmi di Biennale Tecnologia (progetto del Politecnico torinese) e di Torino Film Festival 2020 (entrambi on line in novembre).

Le preoccupazioni di Sokurov suonano oggi...

... quanto mai attuali. “Salvare l’arte per salvare noi stessi” è il suo mantra e tengo ad aggiungere che il Maestro è un innamorato della musica. Con lui la musica c’entra sempre e non c’è un suo lavoro in cui la stessa non abbia, o un ruolo da protagonista o una forte valenza comunicativa del pensiero del regista. “L’arte salverà l’Europa” sostiene Sokurov che ha focalizzato l’attenzione sui musei - “luoghi di conservazione del dna stesso della civiltà” - con due opere: Arca russa (2002) e Francofonia (2015), film d’arte che oscillano tra sogno, fantasia e realtà storica; la musica ne è il collante perfetto. Arca russa ha nel titolo il riferimento all’arca come simbolo di salvezza per la cultura e il racconto ruota intorno ai tesori d’arte di San Pietroburgo. Tre orchestre per questo capolavoro nel quale la musica, con forza pari alle immagini, mescola cultura musicale di Europa e Russia mettendo in luce anche l’anima popolare russa (Una vita per lo zar, melodramma di Michail Glinka).

“Chi vorrebbe una Francia senza Louvre o una Russia senza Ermitage?” Se lo chiede Sokurov nelle vesti di narratore in Francofonia. Ambientato a Parigi durante l’occupazione tedesca del 1940, il film-documentario racconta la collaborazione, vera, tra Jaujard, direttore del Louvre e il tedesco conte Metternich che impedirà la razzia nazista di molti capolavori. Tra l’onirico e la realtà storica, il racconto si muove su uno stato di tensione continua che si coglie nei silenzi, nei volti dei parigini, nello sguardo dei due uomini, nemici ma alleati nel nome dell’arte. Questo disagio lo esprime la musica fin dalle immagini iniziali: in sottofondo un’orchestra sta accordando gli strumenti, suoni disuniti quindi, fastidiosi anche, non in sintonia tra loro; seguono stridule sirene sulle note degli archi e dopo il tenero ma desolante Mahler dei Canti per i bambini morti, è la musica a far calare il sipario del film con una versione distorta (il disagio è rimasto) dell’inno nazionale russo: sì, quello russo perché il regista, col pensiero e la musica torna sempre a casa sua.


Sokurov si sofferma spesso sul ruolo “imprescindibile” che hanno, oggi come ieri, arte e cultura. Lo dice da decenni, attraverso i suoi film e ripetendo: “Ciò che ha fatto di noi quello che siamo è la civiltà. Lo scopo dell'esistenza della società è la salvaguardia della cultura”. Civiltà, società, cultura, parole con le quali la musica c’entra sempre.

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In questo numero hanno scritto:

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Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
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Barbara Nahmad (Milano): pittrice e docente all'Accademia di Brera. Una vera milanese di origini sefardite
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro
Diego Saccoman (Milano): meccanico di paese, 60 punti di sutura e mai vinto niente
Roberto Zangrandi (Bruxelles): lobbista
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini