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Da Rocky a Mission Impossible

Scrivo questi articoli il sabato mattina precedente all’uscita su Zafferano, ed è sempre divertente pensare a come sarà l’America tra sette giorni. Questa volta scrivere sembra un salto nel buio.

In questo momento leggo il verdetto finale del match tra Rocky ed Ivan Drago: i due vecchi pugili sono ancora seduti all’angolo, stanchi, rintronati, a prender fiato. I secondi son stati rapidi...

... ad allontanarsi: quelli di Biden a festeggiare e dar la lieta novella al mondo democratico, quelli di Trump a sparire dai riflettori e non esser presi sotto dall’onda blu. Solo i figli di Trump gli sono vicino, e denunciano la mancanza di supporto dei repubblicani, ma son voci fuori da coro. Con l’assegnazione del titolo mondiale di uomo più potente, il 78enne più simpatico e buono dei politici americani ha compiuto la sua missione: cacciare Trump dalla Casa Bianca. Finito il match pugilistico, adesso inizia un altro film: Mission Impossible.

La prima priorità di Biden è fare in modo che nessun pirla si metta a sparare, e ricompattare un Paese molto diviso. Chi, dalla stampa competente Dem o internazionale, continua a trattare da deplorable (schifosi, parola che costò l’elezione a Hillary Clinton) il 48% degli americani che ha votato Trump, fa un danno grave.  Se anche nessuno mette mano alle armi, è opportuno evitare di intasare i tribunali con cause che ingesserebbero il paese in un momento molto delicato.

I vari Stati hanno ripreso misure restrittive contro il Covid, ed ancora una volta ristoranti ed una serie di settori dell’economia sono in sofferenza. Biden deve fare in modo che la gente smetta di lamentarsi, si tiri su le maniche, e mandi avanti l’economia nonostante il virus. Deve far tutto questo tirando le fila di una compagine molto eterogenea, divisa tra socialist che vogliono correre a stampare altri duemila miliardi di dollari per aiutare la gente e le piccole aziende, e politici di lungo corso pronti ad alzare le tasse per quattromila. Il rischio che la coalizione gli si squagli tra le mani è forte: la corsa alla poltrona sarà la cartina di tornasole dell’ipocrisia.

Anche Trump, pur non dovendo saltare da treni in corsa come Tom Cruise, ha una Mission Impossible da affrontare: la fuga. Deve fuggire dal personaggio che ha vestito finora, deve scappare dalle denunce per ogni possibile crimine che gli han già promesso in tanti, deve evitare il cappottamento economico delle sue aziende e dei prestiti che prima o poi le banche vorranno indietro. Come fare? Probabilmente attaccando e sorprendendo tutti come ha fatto nei quattro anni passati, scombinando le carte di un gioco di cui non ha mai rispettato le regole, quelle del deep state. 

Trump rispetterà la tradizione del concession speech (il discorso con cui il perdente promette fedeltà al nuovo presidente e di favorire la transizione)? Non penso, ed anche lo facesse andrebbe sicuramente a dir qualcosa di fuorivia. Trump è abituato al “o la va o la spacca”, se ne vanta abitualmente, ed è probabile che attacchi a testa bassa. Forse solo l’abbandono dei repubblicani, coi miti consigli di figlia e genero, lo riconducono a miti consigli.

Sappiamo come finisce ogni Mission Impossible: l’eroe, pesto e sudato ma sorridente come nelle pubblicità dei dentrifici, vince e si rimette gli occhiali da sole Ray-Ban. Biden ha vinto il match pugilistico, e non è nemmeno detto che arrivi vivo o in forma al giuramento dell’insediamento. Si trova davanti una serie di sfide che sfiancherebbe qualsiasi altro politico, ma segue il copione di Tom Cruise: sorride benissimo ed ha gli occhiali giusti. Comunque vada sarà un successo.

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