In questa nuova ecologia della mente emerge una domanda urgente: come educare alla cittadinanza elettronica, ossia a una convivenza consapevole, etica e responsabile all’interno della società globale dell’informazione?
L’avvento delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC) ha prodotto una frattura profonda rispetto ai modelli educativi tradizionali. Non si tratta di un semplice aggiornamento tecnologico, ma di una rivoluzione culturale e antropologica. Televisione, computer, Internet e social network non sono soltanto strumenti, ma veri e propri ambienti cognitivi e simbolici, capaci di modellare la percezione del reale.
Come osserva Giovanni Sartori (Homo Videns, edizione: 2000, XVIII rist. 2023, Economica Laterza), l’“homo sapiens” si è trasformato in “homo videns”: un individuo che conosce attraverso le immagini più che attraverso le parole, rischiando di smarrire la profondità del pensiero critico. Tuttavia, accanto a questa visione disincantata, Gianni Vattimo (G. Vattimo, E’ una rete senza centro, ma ci dà un premio: la libertà, in "Telèma", primavera 1997, pp. 4-5) propone un quadro più positivo: la rete come spazio di libertà, pluralismo e interpretazione, capace di rompere i vecchi monopoli culturali.
La scuola, cuore pulsante della formazione del pensiero, non può restare spettatrice di questo mutamento. È chiamata a farsi promotrice di un nuovo umanesimo digitale, in cui la tecnologia sia strumento di crescita, consapevolezza e partecipazione, e non semplice consumo. Il nodo centrale della questione è etico prima ancora che educativo. In un mondo dominato dalla velocità e dall’immagine, i confini tra vero e falso, tra bene e male, diventano sempre più labili. I giovani — nativi digitali per eccellenza — navigano in un oceano di informazioni spesso senza gli strumenti critici per orientarsi. È compito della scuola e degli educatori fornire loro una bussola morale, un “avviso ai naviganti” che non demonizzi la tecnologia, ma la trasformi in occasione di riflessione etica e filosofica.
Hans Jonas ci ricorda che “l’uomo moderno è chiamato a una nuova responsabilità, proporzionata alla potenza delle sue azioni” (H. Jonas, Principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1990). La tecnica, oggi, non è più neutra: le sue conseguenze si estendono al futuro collettivo dell’umanità e del pianeta. Da qui la domanda fondamentale: tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche eticamente lecito e desiderabile? Solo un’etica della responsabilità, capace di accompagnare ogni innovazione, può garantire che il progresso resti al servizio dell’uomo e non viceversa. Nella società globale, educare significa ormai agire in una dimensione planetaria.
L’obiettivo non è soltanto l’alfabetizzazione digitale, ma la formazione di cittadini elettronici: persone capaci di esercitare diritti e doveri nello spazio virtuale con la stessa consapevolezza che nella polis reale. La scuola deve promuovere una coscientizzazione telematica, aiutando gli studenti a vivere la rete come luogo di dialogo, cooperazione e partecipazione democratica, e non come spazio di isolamento o manipolazione. Il rischio più grande è l’omologazione dei gusti, dei linguaggi e dei valori, con la conseguente perdita di diversità culturale e di pensiero critico. Contro questa deriva, la scuola deve proporsi come laboratorio di libertà e riflessione, dove la tecnologia venga studiata non solo nel suo potenziale, ma anche nei suoi limiti e nelle sue implicazioni morali. La rivoluzione digitale, se non guidata da un orientamento etico, rischia di produrre un vuoto di senso, dove l’efficienza tecnica diventa l’unico parametro di giudizio.
Occorre recuperare il senso del limite e riaffermare la centralità della persona, ponendo il bene comune come misura del progresso. L’etica deve “illuminare il futuro” (Jonas), rendendo visibile ciò che è in gioco: la sopravvivenza dell’uomo nella sua integrità spirituale, sociale e ambientale. La multimedialità non è un destino inevitabile, ma una possibilità da orientare attraverso la cultura, la filosofia e l’educazione. L’alleanza tra etica e tecnologia rappresenta la vera frontiera del XXI secolo: una sfida che la scuola, se vuole restare fedele alla propria missione, deve accogliere con coraggio. Educare alla cittadinanza elettronica significa restituire alla tecnica un volto umano, insegnare che la libertà digitale non è assenza di limiti, ma consapevolezza delle conseguenze; che la comunicazione globale non è solo connessione, ma anche responsabilità. Solo una scuola capace di unire sapere, coscienza e spirito critico potrà formare cittadini autenticamente liberi nella società dell’informazione. In gioco non è solo il futuro dell’educazione, ma l’etica stessa del nostro tempo.
