... tutti attoniti con le sue intuizioni e scoperte, fuori dal mondo.
A Laserre, un villaggio francese alle pendici dei Pirenei, visse gli ultimi vent’anni di vita un classico esempio di “scienziato pazzo”, Alexander Grothendieck. Matematico eccelso, rispediva al mittente la posta, non accettava visite dagli ammiratori, ed i compaesani sapevano che era meglio lasciarlo solo, nei suoi pensieri astratti. Nel 1991 aveva bruciato buona parte delle sue ricerche appena prima di trasferirsi a Laserre, dove scrisse decine di migliaia di pagine che devono ancora essere pubblicate. Per molti è il miglior matematico del XX secolo.
Grothendieck ha cambiato il corso della matematica, usando algebra commutativa per risolvere problemi geometrici e l’ultimo teorema di Fermat. Il suo contributo è fondamentale per la criptografia e per lo sviluppo software, ma i suoi colleghi lo considerano un alieno, per l’intuizione fuori dal mondo.
Alan Turing aveva descritto il ragionamento matematico come "la combinazione di due capacità, che possiamo chiamare 'intuizione e genio'". L’approccio di Grothendieck si basava su questi elementi, partendo sempre dal livello di generalità con cui definire i problemi che attaccava. Per lui l’aspetto più importante era il punto di vista, e scegliere il miglior angolo da cui guardare un ostacolo, parafrasandolo. Nel corso dei secoli, le menti matematiche ed artistiche più geniali hanno sempre attribuito il proprio successo alla capacità di vedere le cose come nessun altro: David Foster Wallace (scrittore) e John Nash (matematico) altri due esempi nello stesso senso.
Chi fa ricerca sulla creatività, come la psicologa Shelley Carson di Harvard, spiega che la capacità visionaria di questi geni parte dall’abilità nel connettere tanti segnali deboli, nel cogliere dettagli importanti nel contesto di cui si tratta. Spesso questa “capacità di calcolo” eccede la protezione data dalla mielina sui circuiti neuronali, e molti di questi geni vanno incontro a problemi mentali in età matura, da cui l'espressione “scienziato pazzo”.
Grothendieck, Nash e lo stesso Newton soffrirono di problemi psicotici importanti.
In ogni caso Grothendieck ha innovato la matematica attraverso l’uso di metafore, parlando spesso di edifici per descrivere il suo punto di vista su problemi di calcolo. Paragonando astruse formule matematiche a castelli o case al mare, lui riusciva ad intuire una strada per la risoluzione del problema che non era mai stata trovata da altri. E ci ha lasciato citando il libro a lui più caro, Moby Dick: “immagini... di quella verità mortalmente intollerabile; che tutto il profondo, onesto pensare non è altro che l’impegno dell’anima a tenere aperta l’indipendenza del suo mare”.
Possiamo creare un robot, un intelligenza artificiale, che riproduca il metodo delle analogie e metafore per creare punti di vista nuovi, e da li risolvere problemi in modo innovativo e con vera creativita’? E cosa le facciamo studiare, fiumi di formule matematiche... o Moby Dick?