IL Digitale


Robot e Spazzatura

In tutto il mondo si cerca di fare la raccolta differenziata, in modo da riciclare una serie di rifiuti che, se seppelliti in discarica, impiegherebbero secoli o millenni per disfarsi. Per molti materiali metallici, inoltre, il riciclo è più efficiente della produzione da materia prima, ancora meglio. 

Come fare a scegliere e separare il mare di spazzatura che buttiamo via ogni settimana? Per anni navi container hanno riversato pattume nel sud-est asiatico ed in Africa, sfruttando lavoratori pagati una miseria per fare un lavoro pericoloso e puzzolente. Grazie al Covid ed alla ribellione delle popolazioni locali, è cresciuto assai il volume di pattume che ci dobbiamo differenziare in casa nostra.

La percentuale di spazzatura che riusciamo a riciclare oggi è sul 15-20% in America ed Europa, funzione della percentuale di materiale avviato verso la raccolta differenziata, per la percentuale di recupero effettivo, che varia dal 40 al 90%. Visto che in Occidente abbiamo esaurito gli schiavi con la gig economy ed i programmi di apprendistato, quale impiego migliore per i robot nello smaltire i rifiuti? Non si lamentano della puzza, non fanno storie, sono i candidati ideali per sfrucugliare nell’immondizia.

Fulcro della soluzione automatizzata è il sistema di visione artificiale, quello che analizza le immagini della telecamera che riprende il nastro trasportatore carico di ogni possibile rifiuto. Da anni l’automazione industriale riesce a separare i materiali a seconda del peso e degli ingombri dei pezzi, ma è solo con il riconoscimento automatico delle immagini che si riesce finalmente a capire bene cosa ci sta arrivando. Associato a telecamera e sistema di visione, robot con pinze di forme diverse prendono e spostano il singolo rifiuto che gli viene incontro, andando a separare bottiglie, lattine, e la pletora di prodotti inviati al riciclo.

La difficoltà del riconoscimento della spazzatura è notevole, ben maggiore del riconoscere una persona o un animale, proprio per la numerosità di pezzi che arrivano e per il fatto che sono spiegazzati, sporchi, accatastati alla rinfusa. A questo si aggiunge la necessità di muoversi a migliaia di pezzi al secondo nel modo più efficiente possibile, perché il pattume è materiale povero, ed i margini risicati. Nel campo si usano reti neurali, che oggi riescono a distinguere la bottiglia di plastica di detergente da quella di bevanda, arrivando al 98% di affidabilità nel riconoscimento di prodotti come lattine e bottiglie, qualcosa di meno per carta e cartone.

Dispiace che, nello stesso momento in cui l’intelligenza artificiale riesce a risolvere in modo affidabile ed efficiente il problema del riciclo, la stessa identica soluzione venga usata dalla moda prêt-à-porter per creare 300.000 capi di abbigliamento nuovi ogni anno, immettendo sul mercato una quantità di vestiari che verranno usati una o due volte prima di esser buttati in pattumiera. La speranza è che tutti questi dati vengano utilizzati anche da chi si occupa di sviluppo prodotto, in modo da rendere la sostenibilità ambientale, e quindi la possibilità di riciclo, uno dei parametri fondamentali di progetto. Solo considerando il ciclo di vita completo del prodotto, dalla produzione, alla distribuzione, all’utilizzo ed infine al riciclo, possiamo diminuire il volume di spazzatura che riversiamo nel mondo.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro