LA Caverna


Figli e valori

Non ci decidiamo ad essere più disponibili ad ascoltare e accompagnare i figli in ciò che è più importante per la loro vita. Ci occupiamo e spendiamo tempo in mille cose e trascuriamo la vera priorità: l’educazione, cioè dire loro perché li abbiamo messi al mondo e perché vale la pena vivere. 

Che cosa ci frena in questo compito educativo primario che consiste nell’appropriazione del mistero della vita? Accogliere un figlio non è tanto mirare al suo futuro successo quanto invece aver cura di lui, una cura che comprende la soddisfazione dei bisogni fisici, ma anche quell’abbraccio che è insieme donare affetto, infondere sicurezza, dare fiducia, dialogo e insegnamento, attenzione, rispetto e sincerità per uno sviluppo personale equilibrato. Più importante delle cose e delle attività che offriamo ai figli è la nostra presenza, il nostro ascolto, la nostra disponibilità al dialogo e un delicato e rispettoso accompagnamento. Ciò che ci legittima come genitori non è la generazione biologica, non le nostre competenze e neppure la qualità affettiva delle relazioni, quanto piuttosto la memoria del nostro impegno come testimoni. È questo che lascia “tracce di vita” per sempre. Alla base di una reale filiazione sta un’interpellanza da cui si attende un riconoscimento. Rivolgersi a qualcuno è tendersi verso di lui aspettandosi un ascolto. Ma l’ascolto è un’arte in un’epoca ciarliera come la nostra. «Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. La prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale». (papa Francesco) Il dono della parola, specialmente nei rapporti personali, deve avere come corrispettivo la “saggezza dell’ascolto”. Ascoltare vuol dire sospendere le nostre attività per dedicarci ad un’altra persona con un atto volontario, per esempio spegnendo la TV, chiudendo il libro o il giornale. Le nostre abitudini di ascolto in qualche modo sono state influenzate dai modelli appresi da bambini e da come si è sviluppata la nostra integrazione nelle prime occasioni di socializzazione. L’ascolto non è affatto un dato scontato ma essendo un’arte va appresa con un lento esercizio. L’ascolto autentico, perciò, deve tenere conto di alcune attenzioni. Dobbiamo vagliare una pluralità di situazioni: fare discernimento dei segni dei tempi, del modo di agire morale, di una scelta di vita. Se poi vogliamo accompagnare i figli nella loro crescita dobbiamo conoscerli, camminando al loro fianco, percorrendo la medesima strada, prendendoli nella situazione in cui si trovano, sostenendoli e orientandoli verso la maturità. Un genitore sa accompagnare se è una persona saggia, prudente e ricca di esperienza, capace di valorizzare il patrimonio che il figlio ha in sé e di scoprirlo con intelligenza e pazienza. Ma nessuno può diventare "maestro" se prima non è stato "discepolo". Pertanto guidare i figli significa essere uomini e donne spirituali, memorie viventi di valori, testimoni credibili che conoscono il modo di procedere e il traguardo da raggiungere.

I liberi battitori in questo campo sono pericolosi, per il rischio di manipolazioni e soprattutto per la delicatezza che suppone l'entrare in contatto con la coscienza delle persone.

Genitori "interpreti" del proprio vissuto, come mistero umano, sanno proporsi poi come interpreti della vita concreta dei figli, a partire dalle domande reali della loro esistenza, senza aggirarle. Prendere sul serio queste sfide significa aiutare i figli ad affrontare la vita, il presente e il futuro, con una profonda conoscenza di sé e con un atteggiamento di disponibilità e di generosità.

Solo così i figli scopriranno che la vita è dono e compito. Davanti alle tendenze culturali dominanti che veicolano messaggi secondo i quali l’unica cosa importante è il proprio io, un’alternativa significativa consiste nel progettare la vita come dono, “fatto su misura e secondo le possibilità” nel quale ci si sente felici. Se qualche volta mancano i “risultati” della nostra azione, questo può essere dovuto al fatto che noi stessi non abbiamo il coraggio di essere più decisi nelle proposte.

Forse, per paura di venir respinti, scegliamo di rimanere nel “tiepido cammino” che offre proposte che non scomodano nessuno. I giovani che sognano di vivere la loro vita in modo autentico vogliono vedere l’entusiasmo dei genitori. Se non siamo punti di riferimento significativi e credibili, finiremo per compiere una funzione che non lascia nessuna traccia duratura.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro