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Roe contro Wade fa il botto

Nello Zafferano 159 di qualche settimana fa parlavo di Roe vs. Wade, il caso deciso dalla Corte Suprema 50 anni fa che elevò il diritto di aborto a livello federale, a prescindere da cosa volessero i singoli stati con le loro leggi locali. A maggio uno scoop di Politico ha rivelato che la Corte Suprema valutava di sovvertire il giudizio originale, dando via libera agli stati che vogliono introdurre il divieto di legge sull’aborto. 

Oggi la Corte Suprema ha fatto il botto: la versione finale conferma la bozza, vi raccomando di leggere la sentenza completa qui.

I Dem si stracciano le vesti insultando i giudici, ma dimenticano che sotto Obama abbiamo avuto due anni di super-maggioranza: se gli eletti avessero davvero voluto promuovere leggi federali sul diritto all’aborto, come sul divieto di porto d’armi, non saremmo in questa situazione. Non averlo fatto allora per fare rumore adesso è pura ipocrisia, promossa ad arte per distrarre da inflazione, povertà e promesse elettorali disattese. Pure Biden aveva promesso che avrebbe fatto questa legge appena letto Presidente: attendiamo sfiduciati.

Politicizzare la Corte Suprema significa togliere una delle due difese alla nostra democrazia, quella che non spara. Fosse mai l’esercito a dover prendere in mano il rispetto della Costituzione, saremmo mal messi, ed esiste la possibilità che arriviamo in quella situazione. Roe nega il diritto dei cittadini di decidere democraticamente, sulla base del fatto che questa decisione (negare il diritto personale all’aborto) sia giustificata dal più importante rispetto dei diritti di autodeterminazione e privacy della donna. Oggi la Corte Suprema cambia idea, rimandando il ruolo di legiferare a Stati e Congresso, che facciano il loro lavoro.

In un paese dove la libertà d’espressione e di religione sono garantite dalla Costituzione, l’America è piena di gente che si fa gli affari del prossimo sindacando sulla moralità delle loro decisioni, al punto da insultare e minacciare le donne che si preparano ad abortire. Si vedono scene che in Europa sono impensabili, dove la polizia si limita a malapena ad evitare lo scontro fisico: uno schifo immondo. Sul fatto che dall’altra sponda dell’oceano ci siano si leggi sull’aborto, ma che la maggioranza dei medici (64% dei ginecologi italiani) si rifiuta di farlo in nome della propria coscienza, fa riflettere su cosa sia peggio: scontro o sotterfugio?

Essenzialmente qui in America siamo tre gruppi distinti: chi crede che l’aborto sia un omicidio, chi all’esatto contrario pensa che la libertà di scelta della donna sia prioritaria, e chi vuol mettere delle regole ballerine (dopo la settimana x, in presenza di violenza, se ci sono patologie a-b-c) per dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Per i primi 185 anni di questo paese, il tema è rimasto in mano agli elettori. In ogni stato la maggioranza decideva chi eleggere, anche sulla base delle loro convinzioni morali, e di conseguenza a seconda del posto l’aborto veniva consentito o vietato.

Nel 1973 erano 30 gli Stati in cui era proibito l’aborto, e Roe contro Wade stabilì che in tutti gli Stati Uniti non si potessero promulgare leggi in tal senso, che il processo democratico non poteva spingersi al punto di negare il diritto di scelta della donna. Nel 2022 la Corte Suprema ribalta il parere: le leggi son fatte da chi viene eletto, se si vuole un diritto all’aborto, che non è sancito in Costituzione, occorre legiferare in tal senso.

Chi attacca i giudici, dicendo che sono un potere occulto e non democratico, guarda il dito e non la Luna. Tra le tante promesse elettorali disattese di Biden questa e quella sul porto d’armi sono le più imbarazzanti. Non ce la dobbiamo prendere con chi fa il proprio mestiere in punta di diritto, ossia i giudici, ma con chi non lo fa, ossia gli eletti che ci dovrebbero portare fuori dal Far West.


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In questo numero hanno scritto:

Umberto Pietro Benini (Verona): salesiano, insegnante di diritto e di economia, ricercatore di verità
Angela Maria Borello (Torino): direttrice didattica scuola per l’infanzia, curiosa di bambini
Valeria De Bernardi (Torino): musicista, docente al Conservatorio, scrive di atmosfere musicali, meglio se speziate
Roberto Dolci (Boston): imprenditore digitale, follower di Seneca ed Ulisse, tifoso del Toro
Riccardo Ruggeri (Lugano): scrittore, editore, tifoso di Tex Willer e del Toro